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Salviamo le rondini dall’estinzione Troviamogli un tetto

Credo che non esista uccello che mi commuove, alla vista, come la rondine. E sì che ho girato l’Europa intera a caccia (fotografica) di uccelli di tutte le specie. Dalla Voivodina alla Norvegia, dalla Camargue francese all’Hortobagyi magiaro ai confini con l’ex Russia, ho visto stormi di Fenicotteri Rosa in volo al tramonto, ho letteralmente toccato i variopinti Pulcinella di mare, ho visto entrare nel binocolo, con un tuffo al cuore, la grande e diffidente Otarda e ho sentito il gracchiare nervoso del grande Skua man mano che mi avvicinavo al suo territorio di caccia. Eppure quando vedo le rondini che entrano ed escono incessantemente dalla vecchia stalla di un contadino e le osservo affannarsi nel portare insetti ai piccoli appena schiusi, sento un piccolo groppo in gola, davanti a questi simboli che mi ricordano il cortile dell’infanzia e il tramonto popolato dai loro voli incrociati che, man mano la luce sfumava, lasciavano il cielo al volo errabondo dei pipistrelli.
Il groppo in gola diventa un magone quando penso a mia nonna. «Guarda, è arrivata la primavera». E io guardavo fuori e magari c’era il vento o c’era nuvolo. «Cosa devo guardare, nonna, la forma delle nuvole?», le chiedevo. «No, guarda lassù -, rispondeva mentre stringevo gli occhi - lassù sul filo della luce. Le vedi?» Le rondini se ne stavano tutte in fila, ordinate, sul cavo d’acciaio e ogni tanto qualcuna spiccava il volo elegante, mostrando la piccola pancia bianca e la coda a forma di V rovesciata. Che spettacolo vederle sfiorare con il petto le pozze d’acqua dopo il temporale. Qualche volta ne raccoglievamo una ferita e si faceva a gara per riuscire a tirarla su, impresa difficilissima, in quanto la sua abitudine di cacciare insetti in volo ne rende ardua l’alimentazione forzata. Eppure quando l’impresa riusciva ci si riuniva tutti e dal finestrone del quarto piano si liberava l’uccello che, fra urla e applausi e fischi, prendeva quota con vigorosi battiti d’ali. Ricordi, cari vecchi ricordi che i bambini d’oggi non possono capire.
Che tristezza leggere il grido d’allarme del WWF che, riportando uno studio di BirdLife International, ci informa che dal 1970 al 1990 la popolazione europea di rondini si è ridotta del 40% e il trend purtroppo sembra indicare una costante diminuzione. È soprattutto il versante tirrenico la direttrice più importante per la migrazione che le porta nel nostro paese dalla lontana Africa dopo avere percorso migliaia di chilometri. E la colpa del loro deciso declino è ancora una volta l’uomo che ha distrutto l’ecosistema di questi straordinari uccelli, simboli di attaccamento alla propria terra, visto che spesso tornano al loro vecchio nido.
La scomparsa dei sottotetti e dei coppi, l’abbandono delle antiche stalle, la distruzione di siepi, prati, fossi e torrentelli d’acqua, assieme all’uso indiscriminato di fitofarmaci e all’ormai soverchiante popolazione urbana di corvidi (gazze, cornacchie perfino ghiandaie), ne segna irrimediabilmente il declino. Se si pensa che un solo esemplare di rondine è in grado di mangiare 700 insetti al giorno, si può intuire anche il loro valore biologico, oltre che simbolico. Ma qualcosa forse si muove. La speranza viene da Marciana, sull’Isola d’Elba, dove giunta e opposizione hanno concordato di cambiare il regolamento edilizio per ripristinare i vecchi tetti e consentire dunque alle rondini di nidificare come un tempo. Un esempio da seguire.
«Ritornava una rondine al tetto» ,scriveva il Pascoli.

Speriamo che tornino numerose e abbiano miglior fortuna di quella famosa del poeta.

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