«Speriamo che gli italiani rimangano in Afghanistan a lungo, se potenzieranno la loro presenza meglio, ma non sottovalutiamo affatto il loro ruolo. In ogni caso 2.000 uomini sono importanti, se non ci fossero sarebbe difficile sostituirli». Così si esprime a Bruxelles un alto ufficiale della Nato, secondo il quale la situazione sul campo non è poi catastrofica, anche perché rinforzi continuano ad arrivare: ieri, ad esempio, la Bulgaria ha annunciato l'invio di altri 330 soldati. Ci sono progressi in tutti i settori, anche se sono stati commessi errori e la ricostruzione e l'intervento civile spesso lasciano a desiderare, anche perché i soldi promessi per queste attività spesso non si vedono.
Non si fanno cifre sul numero dei guerriglieri talebani, ma si parla comunque di «qualche migliaio». «In certe zone i talebani non sono graditi, vengono espulsi, perché le condizioni di vita della popolazione sono migliorate al punto da far temere che un ritorno dei talebani porterebbe un peggioramento. E se manca il supporto popolare i guerriglieri hanno una vita molto difficile».
Se la ricostruzione è il primo pilastro della strategia della Nato, il secondo riguarda il contrasto sul campo della guerriglia. Secondo fonti militari, i talebani per ora sono bloccati «nel sud della parte meridionale del Paese, cercano di risalire a nord, noi con l'operazione Achille li teniamo sotto pressione e cerchiamo di impedirlo». Nelle operazioni di combattimento i più attivi e aggressivi sono americani e canadesi, i britannici cercano una via di mezzo, mentre gli olandesi combattono sì, ma cercando di non esporsi troppo.
I contingenti di altri Paesi non direttamente impegnati in azione, come è il caso di quello italiano e spagnolo, danno un appoggio indiretto impedendo ai talebani in fuga di trovare scampo in alte province o di crearvi santuari. Quanto alla possibilità di combinare sotto un solo comando sia Isaf sia i 20 uomini della Operazione Enduring Freedom a guida statunitense, l'ipotesi non è più all'ordine del giorno. Il Nac, il Consiglio Atlantico, ha convenuto che non è il caso di insistere, visto che la forza comandata dagli americani conduce in larga misura operazioni molto, ma molto speciali che è meglio non portare sotto il cappello della Nato.
Certo ai comandanti Isaf non dispiacerebbe avere soldati in più da usare per braccare i talebani, ma data l'enorme estensione del teatro operativo per consentire davvero un approccio diverso servirebbero decine di migliaia di soldati, che nessuno metterà mai in campo.
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