Politica

Sballo alcolico, una moda per 6 adolescenti su 10

Una ricerca dell'Istituto superiore di sanità svela la crescita del fenomeno: sempre più ragazzi bevono per ubriacarsi con bevande a basso costo e di dubbia qualità. Dopo Milano, anche Viareggio vara le multe per gli under 16

Le statistiche ci hanno sempre dipinto come un paese di bevitori moderati. Ma se si punta l'obiettivo sull'universo dei giovani, la tradizione lascia il posto a una crescente voglia di sballo. E, quel che è peggio, trattandosi di ragazzi e ragazze solitamente squattrinati, l'obiettivo è bere e ubriacarsi, tanto meglio se il mezzo per farlo è «low cost». Basso prezzo e, dunque, bassa qualità.
A puntare i riflettori su un fenomeno in crescita è Emanuele Scafato, direttore dell'Osservatorio alcol dell'Istituto superiore di sanità e presidente della Società italiana di alcologia, dopo il caso della ragazza finita in coma etilico a seguito di un festa a Panarea. A fornire un quadro allarmante della situazione, afferma Scafato, sono innanzitutto i dati: «Sono ormai nove su dieci gli adolescenti che nel fine settimana si ubriacano in discoteca o nei pub e molti hanno meno di 18 anni». E i dati raccolti negli ultimi dieci anni, indicano che beve con il preciso obiettivo di ubriacarsi il 64,8% dei ragazzi e il 34% delle ragazze. Fra questi i minorenni (fra 11 e 18 anni) sono sempre di più (42% dei ragazzi e 21% delle ragazze) e sono più numerosi rispetto ai ragazzi più grandi (19-24 anni). Fra questi ultimi, infatti, ad ubriacarsi sono il 19% dei maschi e il 9% delle femmine. Dopo i 25 anni, invece, le percentuali scendono al 7,5% dei maschi e al 5,5% delle femmine.
Bere per ubriacarsi, dunque, consumando in media, afferma Scafato, da quattro (tre per le ragazze) a sei bicchieri. Ma come spiegare la moda dello sballo da alcol? «I giovani - rileva Scafato - hanno oggi imparato ad organizzare il divertimento e la socialità prevalentemente attraverso l'uso di sostanze, in primis l'alcol». E questo, avverte l'esperto, si deve a varie ragioni: «Innanzitutto, gli adulti hanno lasciato che passasse ai ragazzi il messaggio che bere rappresenta in qualche modo uno status symbol ed un atteggiamento che indica il massimo delle prestazioni».
Ma c'è anche un altro fattore: «Nel corso degli ultimi 10 anni è aumentata la disponilità di bevande alcoliche per i giovani, sia perchè i ragazzi dispongono di più soldi per acquistarle sia per la facilità di reperimento di tali bevande anche a prezzi super scontati, tanto che spesso diventa più conveniente acquistare alcol rispetto ad altre bevande».
A ciò si aggiunge una legge che non aiuta: «In Italia la norma del 1929 vieta solo la "somministrazione" di alcol ai minori di 16 anni - rileva Scafato - e questo lascia aperta la possibilità di vendita ai minori, tranne laddove i sindaci sono intervenuti con ordinanze locali». Proprio come ha fatto il Comune di Milano che ha rincarato la dose con pesanti multe a venditori e bevitori under 16. Un'iniziativa che ha fatto discutere. Ma che ora anche il Comune di Viareggio vuole imitare.
Secondo i curatori della ricerca ci sono anche altri modi di intervenire.

Primo passo è «bloccare le pubblicità ammiccanti»: «Ogni anno in Italia vengono spesi 169 milione di euro per la pubblicità di bevande alcoliche, contro un finanziamento - conclude Scafato - di poco più di 1 milione di euro per la prevenzione e la Ricerca».

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