Scaroni: «Snam deve restare all’Eni»

Guido Mattioni

nostro inviato a Firenze

La cessione di Snam Rete Gas (e quella della Stogit), sollecitata nei giorni scorsi dal presidente dell’Authority per l’energia Alessandro Ortis, «non è nel migliore interesse dei consumatori. E noi non la stiamo negoziando». Ad affermarlo con forza - «ne sono assolutamente convinto», ha scandito - è stato ieri l’ad dell’Eni, Paolo Scaroni, intervenuto a Firenze ai Dialogue sull’economia mondiale dell’Aspen Institute. «Non mi sembra che dall’Authority siano arrivate grandi novità - ha aggiunto -. Il Parlamento ha ritenuto qualche mese fa di darsi un momento di riflessione. Qualora ci venga imposto di cedere Snam Rete Gas, e per legge lo dobbiamo fare entro il 31 dicembre 2008, lo faremo».
Smentendo così l’esistenza di trattative in corso per la cessione delle due società ai russi di Gazprom, Scaroni ha precisato che «stiamo piuttosto negoziando l’entrata nel mercato italiano di volumi di gas. Non escludo che ci possa essere un loro interesse (di Gazprom, ndr), ma non è oggetto delle nostre negoziazioni». Piuttosto, ha aggiunto, «c’è la questione che riguarda a chi cedere eventualmente Snam Rete Gas anche alla luce di quanto è successo dopo la cessione di Terna dall’Enel alla Cassa depositi e prestiti». Quest’ultima, ha ricordato Scaroni, se vuole concludere l’acquisto del 30% di Terna deve cedere la quota di Enel in suo possesso. «Immagino che la stessa cosa potrebbe avvenire anche in caso di cessione di Snam Rete Gas», ha spiegato l’ad che ha trovato una spalla nel suo pari grado dell’Enel, Fulvio Conti, a giudizio del quale «non è che con la cessione di Snam Rete Gas il prezzo dell’energia diminuirebbe».
Del resto, proprio il tema dell’approvvigionamento energetico mondiale, è stato al centro del dibattito all’Aspen Institute. «Non è un caso che l’energia sia il tema principale del G8 di San Pietroburgo della prossima settimana», ha ricordato Scaroni nel suo intervento, incentrato principalmente sul mercato del gas, che negli ultimi anni è passato da essere una risorsa in eccesso e a basso costo a una «in scarsità relativa e a prezzi stellari». Bastano poche cifre: i 60 euro necessari nel 1998 per acquistare mille metri cubi di gas erano diventati 100 già nel 2000, mentre nel dicembre scorso la quotazione è balzata a 465 euro. E se con la fine della stagione fredda i prezzi sono tornati attorno ai 180 euro, il loro contratto future a gennaio 2007, ha detto l’ad dell’Eni, «è risalito al prezzo stratosferico di 500 euro».
Scaroni, che ieri si è detto sulla stessa linea di Conti, quando quest’ultimo ha dichiarato che «dobbiamo tornare al nucleare e che non dobbiamo avere paura della sua tecnologia», ha quindi rimarcato come nell’attuale mercato mondiale del gas i processi di liberalizzazione degli ultimi otto anni «si rivelano inefficaci». Di conseguenza, «ci vuole una nuova strategia rispetto alle nuove sfide poste dal comportamento dei nostri fornitori, grandi società oligopolistiche pubbliche».


Scaroni, che ha stimato il fabbisogno incrementale del gas nel 2012 a circa 200-220 miliardi di metri cubi, ha anche spiegato come «solo una parte di questa domanda potrà essere soddisfatta tramite importazioni via tubo, circa 90 miliardi di metri cubi».

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