Schiavista ma fedele all'Unione, era il vice del presidente quando venne assassinato

La Confederazione si è arresa da poco, solo da una settimana. Il Paese è da ricostruire, Abramo Lincoln ha già in testa la via da seguire: riconciliazione senza vendette, senza lacerazioni. La nazione deve diventare una «casa comune» con fondamenta solide. Però non tocca a Lincoln il compito di ristabilire l'unità distrutta dalla guerra civile: questa è la storia di Andrew Johnson. Lui, uomo del Sud, figlio di una famiglia povera di emigranti scozzesi e irlandesi, cresciuto nel Tennessee, schiavista. Ma fedele all'Unione e al presidente. Tanto che Lincoln lo sceglie come vice per la rielezione nel 1864, proprio con l'obiettivo di riunificare le due anime della nazione. È anche un premio per il suo coraggio e la sua fedeltà: Johnson, deputato del Tennessee, è a favore della schiavitù, ma quando lo Stato, nel 1861, si schiera con i secessionisti lui è dalla parte del presidente. Durante la guerra civile è un «war democrat» che combatte per l'abolizione della schiavitù.
La notte del 14 aprile 1865 la vita del vicepresidente Johnson cambia di colpo: Lincoln viene assassinato al Ford's Theatre di Washington. In realtà anche lo stesso Johnson è nel mirino degli attentatori, che agiscono per eliminare i vertici dell'Unione. Ma mentre John Wilkes Booth non fallisce e ammazza il presidente, George Atzerodt non porta a termine il suo piano e il vicepresidente Johnson si salva. Passa la notte accanto a Lincoln in agonia, all'alba del 15 aprile giura come nuovo presidente degli Stati Uniti. Ora la transizione è in mano sua e lui agisce seguendo il tracciato del suo mentore e predecessore. L'obiettivo è di non lasciare rancori insanabili.
Il Sud ormai si è arreso, ma rimane aperta la questione della liberazione degli schivi e dell'assegnazione del diritto di voto ai neri. Johnson a questo punto non mette pressione agli Stati del Sud, del resto la Confederazione è sconfitta. Lascia loro il tempo per riorganizzarsi e il nodo del voto ai neri rimane in sospeso. Prima fa approvare la legge sulla riorganizzazione del governo della Virginia e l'amnistia per tutti i confederati «che non possiedono proprietà oltre i ventimila dollari».

Poi propone di introdurre il diritto di voto per i neri «in maniera graduale», partendo da coloro che hanno combattuto per l'Unione, sanno leggere e scrivere o hanno proprietà del valore di «almeno 200 o 250 dollari». La reazione dei repubblicani è dura: l'ala più estrema chiede l'impeachment, che viene votato dalla Camera ma respinto al Senato.

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