Nel paese dov'è nato Spontini, hanno messo il suo fortepiano sull'altare di una chiesetta bianca. L'altra sera ascoltarlo era un piacere, in Boccherini e Mozart: i Sonatori della Gioiosa Marca sono dei bravi veneti concreti che servono la musica come il pane di casa, e quel suono nitido, aristocratico dell'illustre strumento vi svettava a pennello. Ma l'immagine stessa era un sobrio monumento alla conciliazione fra la musica classica e la chiesa, contro cui spesso si levano tanti decreti. Forse sono finiti i tempi in cui per far eseguire Bach al violoncello in luogo sacro bisognava fingere titoli sacri (Seconda suite detta «Mein Gott, warum?») e si sono aperte generosamente le porte a tutta la musica. A Grottamare, ad esempio, a fine agosto, han presentato nella chiesa di Santa Lucia il chitarrista Franck Burgarten, con un programma da Bach ad Henze. In fondo, tutti gli strumenti, come insegnano i Salmi ed i poeti, cantano l'armonia dei Cieli.
Quest'estate, comunque, si sono rovesciate, forse, consapevolmente o meno, due tendenze opposte che dominavano: negare la chiesa per musica non ufficialmente religiosa, o sfruttare con bonario cinismo basiliche e parrocchie ed abbazie come semplice contenitore funzionale all'evento. Ora presentazioni orali e scritte invitano a riflettere su come si possa ospitare ogni realtà del mondo nella casa di Dio. E m'è parso di sentirlo concretamente in due concerti diversamente esemplari.
A Milano, nella stupenda, spaziosa basilica di Santa Maria della Passione, dotata di due organi che insieme danno il brivido fisico del suono creato sul momento e l'emozione crescente dello spazio che vi si intride, i due eccellenti ed insostituibili maestri Edoardo Bellotti e Maurizio Salerno hanno offerto un percorso dal titolo shakespeariano, «Musica come sogno d'una notte di mezza estate». Concerto barocco, con autori accomunati dalla descrizione, intima o imitativa, dei suoni della natura e della vita in pace e in guerra. Poco a poco, l'organo denudava la propria vocazione: non arnese funzionale alla liturgia, anche se la nostra memoria vi si lega, ma specchio sonoro di tutta la vita, vero teatro del mondo: tutto offerto a una folla tesa nella piena libertà dell'ascolto, come in una consacrazione.
A Riva San Vitale, invece, una normale chiesa di parrocchia, una folla stipata e strabocchevole fin da mezz'ora prima, ha festeggiato con clamore e affetto Denise Fedeli e l'Orchestra della Svizzera Italiana. L'ultima volta che avevo ascoltato Denise Fedeli, m'aveva impressionato il nitore della sua direzione, sotto cui covava un fuoco nascosto. Adesso il nitore è rimasto, con tutta la sapienza tecnica e la chiarezza del pensiero, ma il fuoco accende strumentisti e partiture e pubblico. Il Concerto per violoncello di Schumann era una vertiginosa inquietudine di domande e risposte, e di concordie e coraggiose prevaricazioni, con l'eccellente solista Felix Vogelsang, uno dei bravissimi artisti che oggi fanno parte di quest'orchestra.
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