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«La scienza deve convivere con la fede»

«La scienza deve convivere con la fede»

Andrea Tornielli

da Roma

«È possibile coniugare fede e scienza!». Benedetto XVI ha partecipato ieri mattina all’inaugurazione del nuovo anno accademico dell’Università Cattolica nell’aula magna del Gemelli di Roma e ha denunciato l’affermarsi di un «criterio di razionalità» che viene fatto coincidere con ciò che è dimostrabile «mediante l’esperimento». Una concezione, quest’ultima, che rende difficile il rapporto tra scienza e fede.
Il discorso di Papa Ratzinger - che è stato accolto dal rettore dell’ateneo, Lorenzo Ornaghi e dal cardinale Dionigi Tettamanzi, presidente dell’Istituto «Giuseppe Toniolo», e da migliaia di giovani rimasti fuori dall’aula - rapprensenta la logica continuazione delle omelie per l’inizio dell’ultimo conclave e per l’apertura del Sinodo sull’eucarestia. Nella prima, Ratzinger denunciava la «dittatura del relativismo», atteggiamento considerato «come l’unico all’altezza dei tempi odierni», che «non riconosce nulla di definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie». Nella seconda omelia, il Papa definiva «ipocrisia» quella tolleranza che «ammette Dio come opinione privata, ma gli rifiuta il dominio pubblico». Ieri Benedetto XVI ha applicato questa riflessione anche al mondo della scienza.
«L’Università cattolica è un grande laboratorio - ha detto - in cui, secondo le diverse discipline si elaborano sempre nuovi percorsi di ricerca in un confronto stimolante tra fede e ragione che mira a ricuperare la sintesi armonica raggiunta da Tommaso d’Aquino e dagli altri grandi del pensiero cristiano, una sintesi contestata purtroppo da correnti importanti della filosofia moderna».
«La conseguenza di tale contestazione - ha continuato - è stata che come criterio di razionalità è venuto affermandosi in modo sempre più esclusivo quello della dimostrabilità mediante l’esperimento». Questa riduzione della razionalità a ciò che è riproducibile in laboratorio porta conseguenze significative: le questioni fondamentali dell’uomo - come vivere e come morire - appaiono così escluse dall'ambito della razionalità - ha detto Ratzinger - e sono lasciate alla sfera della soggettività. Di conseguenza scompare, alla fine, la questione che ha dato origine all’università - la questione del vero e del bene – per essere sostituita dalla questione della fattibilità». Un accenno evidente alle grandi tematiche della bioetica e dell’eutanasia.
«Ecco allora la grande sfida delle Università cattoliche: fare scienza nell’orizzonte di una razionalità diversa da quella oggi ampiamente dominante, secondo una ragione aperta al trascendente, a Dio», ha dichiarato Benedetto XVI, ripetendo che questo è possibile «proprio alla luce della rivelazione di Cristo, che ha unito in sé Dio e uomo, eternità e tempo, spirito e materia». «Alla luce di questa capitale verità di fede e al tempo stesso di ragione è nuovamente possibile, nel 2000, coniugare fede e scienza», ha osservato il Papa, definendo «un’avventura entusiasmante» il lavoro universitario che all’interno di questo orizzonte di senso fa scoprire «l’intrinseca unità che collega i diversi rami del sapere».
Nel finale del suo discorso, Benedetto XVI ha espresso parole di apprezzamento e di incoraggiamento all’attività dell’«Istituto scientifico internazionale Paolo VI di ricerca sulla fertilità e infertilità umana per una procreazione responsabile». «Mi preme affermare - ha detto il Papa - che l’Istituto sta a cuore anche a me... Nato per rispondere all’appello lanciato da Paolo VI nell’enciclica Humanae Vitae, si propone di dare una base scientifica sicura sia alla regolazione naturale della fertilità umana che all’impegno di superare in modo naturale l’eventuale infertilità». Con queste parole, Ratzinger ha riaffermato l’insegnamento degli immediati predecessori nel campo della contraccezione, alla quale la Chiesa rimane contraria, e ha fatto capire che non ci saranno in proposito cambiamenti di rotta.


Benedetto XVI ha anche rigraziato il Gemelli per l’assistenza data a Giovanni Paolo II lungo tutta la sua malattia.

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