E adesso chi avrà più il coraggio di chiamarlo sciopero selvaggio? Non selvaggio ma addomesticato, uno sciopero buono, una ragazzata, una leggerezza su cui chiudere un occhio, anzi tutti e due. Parola di giudice per le indagini preliminari di Milano, dottor Luigi Varanelli. Il quale ha sentenziato che scioperare senza rispettare le fasce di garanzia e fregandosene della precettazione non è un reato punibile penalmente. Incrociare le braccia paralizzando una città come Milano e dintorni, impedire a migliaia di persone di andare a scuola e al lavoro, immobilizzare i pendolari fregandosene di quanto dispone la legge sugli scioperi, è al massimo un illecito amministrativo. Una multa e via, arrivederci al prossimo blocco di tram, metro, bus, aerei.
I milanesi si ricordano ancora la babele di quelle cinque drammatiche giornate tra dicembre 2003 e gennaio 2004, quando 4.106 tranvieri dell’Atm di Milano scioperarono per il rinnovo del contratto senza rispettare le fasce di garanzia, cioè anche prima delle otto e mezzo del mattino e dopo le 15. Cinque giornate che - come riconosce il gip Varanelli - costarono «ore di permesso, giorni di ferie, spese affrontate e danni subiti». E fatturati mancati: chi si è preso la briga di fare un calcolo in una situazione simile (sciopero dei trasporti a Milano il 30 novembre 2007, con rispetto delle fasce protette) ha stimato che sia andato perduto il 52,4 dei ricavi nel commercio, il 24,5 nei servizi, il 20 nell’industria e il 2,6 nelle costruzioni: in soldoni, oltre 250 milioni di euro. Soltanto l’Atm, che dopo quegli scioperi concesse pure un aumento di 25 euro oltre agli 81 garantiti dal contratto nazionale, dichiarò perdite per 5 milioni di euro. Chi glieli pagherà?
Qui non è in discussione il diritto di sciopero, ma il rispetto della legge del 1990 che disciplina l’astensione dal lavoro nei servizi pubblici essenziali. Quella che per l’appunto dispone l’obbligo di preavviso e di fornire comunque le prestazioni indispensabili. Le cinque giornate di Milano (1, 20, 21 dicembre, 12 e 13 gennaio) furono legittime ma selvagge. La procura di Milano (pm Alfredo Robledo e Tiziana Siciliano) aprì un’inchiesta per i reati di interruzione di pubblico servizio e mancata osservanza della precettazione ordinata dal prefetto; al termine chiese non un maxiprocesso per gli oltre 4000 tranvieri ma altrettanti decreti penali di condanna (15 giorni di reclusione convertiti in 720 euro di sanzione pecuniaria).
Ma il gip ha prosciolto tutti: non di reato penale si tratta, ma di semplice illecito amministrativo. Niente annotazione sulla fedina, al massimo una multa da quattro soldi. E nel caso in questione neppure quella, perché i 4.106 galantuomini che cinque anni fa precipitarono Milano nel caos non furono mai identificati formalmente, ma soltanto attraverso gli elenchi forniti dall’Atm su un cd-rom con i nomi dei dipendenti risultati assenti senza essere in ferie o malattia.
Dunque, scioperator non porta pena. Battaglia persa. Sempre a Milano, quattro anni fa, furono assolti 62 controllori di volo che si assentavano abitualmente per giocare a calcetto invece che stare davanti ai radar. «L’assenza era una prassi ben nota ai loro dirigenti», fu il motivo dell’archiviazione. Le fasce di garanzia e la precettazione erano un baluardo che sembrava resistere. Invece no, l’ultimo bastione è caduto e quello che era selvaggio ora è diventato lecito.
Sarà senz’altro più sereno il Natale per i lavoratori non più selvaggi dell’Atm, i quali assieme alla condanna vedono svanire il rischio di dover risarcire i danni all’azienda.
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