Scontro di poteri all’ombra della Quercia

Scontro di poteri all’ombra della Quercia

Arturo Gismondi

Che un potere extra politico e non parlamentare esista, che pesi, non c’è dubbio, e nei molti mesi dall’estate ai nostri giorni lo si è avvertito. Può essere secondario, ma è più difficile dargli un nome universalmente accettato. Quello di «poteri forti» rende l’idea, ma è usurato, generico, fa storcere il naso non soltanto a coloro che lo negano, ma anche a coloro che lo hanno per tanto tempo adottato. Il «salotto buono», per eccellenza, che si vuole raccolto attorno al sindacato di controllo di Rcs, e che si è voluto identificare nell’iniziativa politico-editoriale del direttore del Corriere Paolo Mieli è incompleto, esclude un protagonista come Carlo De Benedetti, che però ha indicato la strada del Partito Democratico, individuandone anche i futuri leader, e prenotandone la tessera numero uno.
La complessa battaglia apertasi nel colmo dell’estate e alla quale si è dato il nome di Bancopoli ha segnato il campo e la posta di una autentica guerra economica. Il partito editoriale-finanziario ha vinto facilmente la battaglia su Antonveneta, perché i «furbetti del quartierino» erano troppo fragili politicamente, e spregiudicati nei modi e nella tattica, per poter raggiungere l’obiettivo di contrastare i piani di raccolti attorno a un colosso come la Abn-Amro, che dal canto suo l’ha la guerra l’ha vinta senza combattere, avviando una Opa risultata vincitrice nel momento in cui la magistratura ha congelato pacchetti azionari e cariche societarie del gruppo antagonista.
La profezia di Giacomo Vaciago affacciata sul Sole 24 Ore allorché egli scrisse che «in Italia molte guerre economiche finiscono con la galera» si è avverata fin qui nell’arresto e nella lunga detenzione dello stratega della scalata ad Antonveneta, al quale non fu sufficiente neppure la protezione del Governatore Fazio. Altri complici, che con Fiorani condividono le accuse, compresa quella di «associazione per delinquere», sono stati fin qui risparmiati, e se teniamo conto che fra questi sono alcuni manager legati alle coop e al partito - guida della sinistra abbiamo forse un quadro più chiaro dell’andamento delle cose.
La seconda battaglia combattuta dai poteri finanziari-editoriali è stata vinta per quel che riguarda la fallita scalata Unipol alla Bnl, una banca storicamente significava nonostante la sua crisi, ma è rimasta a metà. L’allarme che ha spinto i poteri dei quali parliamo è stato eminentemente politico, originato dalla novità di un partito come i Ds radicato attraverso le Coop nel potere economico, locale e nazionale, che ha voluto fare il passo più lungo della gamba.
Nella Prima Repubblica i partiti piazzavano i loro uomini alla presidenza e nei consigli di amministrazione della banche. Qui se ne pretendeva la proprietà. Il problema politico resta, è quello della affidabilità di governo di un siffatto partito.
Il problema politico era però irrisolvibile nel momento in cui gli ambienti finanziari ed editoriali hanno scelto di contrastare Berlusconi, che come capitalista anomalo li spaventa più di D’Alema e Bertinotti. E infatti, l’operazione politica tentata è quella del Partito Democratico che i Ds rifiutano perché l’idea di cambiare lasciandosi diluire è incompatibile con un potere totalizzante quale è il loro.
I Ds hanno l’aria di aver «passato la nottata». Massimo D’Alema ha riassunto così la situazione: abbiamo avuto le nostre responsabilità, ci sono stati errori, li abbiamo riconosciuti, ora non siamo disposti a subire attacchi ai quali abbiamo risposto e risponderemo.
Forse la vicenda Unipol è davvero chiusa, forse si riaprirà dopo le elezioni se il contenzioso fra forze di ispirazione centrista e Ds verrà allo scoperto. Per ora, il potere finanziario ed editoriale ha battuto il passo, del Partito Democratico si parlerà a tempi lunghi.
a.

gismondi@tin.it

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