Alla scoperta dei cuochi di Malta

A Malta è tutta una questione di ombre. Ci sono quelle, immaginifiche, pennellate dal Caravaggio nella Decollazione del Battista, il dipinto acchiappa-turisti dell'arcipelago. Poi ci sono quelle su cui, specie ora, gli isolani si fiondano per cercar sollievo, automobilisti compresi, che invadono anche il senso di marcia opposto, e se poi fanno il frontale pazienza. Ma soprattutto c'è l'ombra da cui cuochi, vignaioli e artigiani del gusto vogliono sottrarsi per scintillare in Europa (ingresso a gennaio 2008) e far dimenticare quelli che per troppo tempo hanno pensato solo a fast-food o a pappette che non intralciassero le masticazioni degli anziani. Ecco allora la ritirata progressiva di salse burrose e fish & chips, eredità di quasi due secoli di dominio inglese, a favore di olio d'oliva (importato ma si iniziano a piantare ulivi) e snack della tradizione più autentica come la ftira, pane da guarnire a piacere con patate, acciughe, pomodorini o il pastizzi, pasta sfoglia con ricotta di capra oppure puré di piselli locali. Per non dire di quella serie di dolci che scatenano le stesse acquoline di quando si cammina in un suk: ciambelle al miele qaqqa tal ghasel, kannoli con la kappa e gli imqaret, biscotti di datteri e spezie macinate che fanno gridare allo slurp. Il posto giusto per divorarli è l'aristocratico Caffè Cordina della capitale Valletta, in piazza Regina a un passo dalla cattedrale di San Giovanni: qui la gola è felice, come l'occhio che si posa sugli affreschi di quella che era la tesoreria dei Cavalieri di Malta.
L'astro della cucina d'autore maltese si chiama Kevin Bonello, chef neanche trentenne della migliore insegna dell'arcipelago, De Mondion, che poi è il ristorante sul tetto dello Xara Palace, il relais & chateaux di Mdina, la fantastica città vecchia fortificata di Malta, con sigla di patrimonio mondiale dell'umanità Unesco alle porte. Nei piatti riverbera l'influsso pluristellato dei londinesi Gordon Ramsay, Pied-à-terre e Charlie Trotter's di Chicago, cucine in cui Bonello si è fatto le ossa che ora, robuste e associate a una testa non comune, lo aiutano a combinare pomodori (dolci, buonissimi), capperi, finocchietti e asparagi selvatici, nespole, carrube, fichi e fichi d'India con maiali, agnelli e conigli, autoctoni ma anche no. E il pesce? «Lo cucino sempre meno, perché non voglio contribuire allo spopolamento dei mari», concetto che espresso da un isolano fa ancora più specie. Pazienza comunque se qui il servizio non è inappuntabile, anche perché se il bicchiere rimane vuoto a lungo non te ne accorgi, tutto imbambolato come sei a scrutare l'orizzonte.
Il tête-à-tête col miglior pescato riesce invece molto bene a tavola da Giuseppi's, nel paesino di Mellieha, locanda informale a gestione familiare che a grigliate sontuose e tradizionali di seppie e gamberoni associa sovente Ravioli di zucca e coniglio da vertigini golose. E chi salpa per Gozo, l'isola accanto a Malta, lo fa primo per la cristallinità del mare in cui sguazzerebbe ancora la ninfa Calipso, secondo per la cantina dei vini del ristorante Ta' Frenc, circa 400 etichette di gran scelta - tra cui una linea di champagne a marchio proprio concesso dalla maison Boizel - che bagnano un pasto eccessivamente salsettoso-francese ma comunque gestito con rigore e simpatia da chef e brigata tutta gozitana.
Nell'arcipelago delle 3 W, e cioè women, weather and wine, gli ultimi due sono aspetti concatenati: il clima stabile è il segreto della qualità costante dei vini Meridiana, i migliori dell'isola. Anche qui, bisogna ringraziare chi ha avuto il coraggio di violare il disinteresse degli inglesi per un prodotto che, fino a non molti anni fa, ammetteva nei disciplinari l'utilizzo di carta colorata per conferire le tinte bianche o rosse.

Oggi, Roger Aquilina e Mark Miceli-Farrugia, soci della Meridiana assieme ai marchesi Antinori, tra gli altri mettono in bottiglia il Mistral, complesso chardonnay vendemmia tardiva e al Bel, syrah in purezza dai tannini morbidi che è lì a ricordare che agli antipodi di Malta non a caso c'è Adelaide, mecca australiana del suddetto vitigno. E con loro si sforzano altri produttori volenterosi come Camilleri o Marsovin, tutti presi a dimostrare che la sfida enogastronomica europea si vince a colpi di qualità, non certo di nostalgia.

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