La scuola deve insegnare, non plagiare

La scuola deve insegnare, non  plagiare

Nel suo articolo si fa riferimento ad attività che vengono definite «scellerate» e perfino un po’ «ridicole». Non so che cosa le abbia inviato la docente in allegato alla sua lettera, le chiedo solo di esaminare l’intero piano editoriale e, se vuole, fare qualche approfondimento. Desidero anche precisarle che nessuna attività è prodotta da Indire ma tutte le attività sono firmate dai rispettivi autori e derivano da collaborazioni con le Associazioni disciplinari degli stessi insegnanti e con Università non solo italiane. Indire ha la responsabilità diretta sulla metodologia formativa (modello che comunque non viene messo in discussione nel suo articolo) e sulla usabilità della piattaforma. Gli insegnanti «neoassunti» devono raggiungere 50 crediti formativi per la parte online, che si possono raggiungere con otto o dieci attività. L’attività proposta ai docenti neoassunti non richiede una «tesina finale», ma a seconda dei casi può essere chiesta la progettazione di nuovi percorsi in forma multimediale, diari di bordo, griglie di valutazione, documentazione del percorso svolto, realizzazione di ricerche in rete, etc. Presentare quindi l’attività di formazione come una serie di tesine su tematiche «astruse» mi sembra francamente che non risponda in nessun modo alla realtà. Mi auguro di averle fornito alcuni elementi utili per un giudizio più approfondito che spero di leggere presto nel suo giornale.
Giovanni Biondi, Direttore Indire

Le confesso, egr. Giovanni Biondi, che ho incontrato qualche difficoltà a comprendere il senso della sua lettera. Colpa mia, ben inteso: maneggio assai poco – e intendo ancor meno – il vostro linguaggio soggiogato dai tecnicismi, dal sociologhese, dal sessantottese, dai ciaffi del politicamente corretto, dalle formule astratte e dalla fuffa ideologica. Perfino il termine «tesina» vi muove allo sdegno. Perbacco, un vero democratico, un vero riformatore, un vero competente in materia di istruzione le chiama, le tesine, «schede», «dissertazioni», «elaborati», «diari di bordo», «mappe concettuali». Lo stesso per «programma», che forse perché di suono troppo autoritario vi procura il mal di fegato. E allora, giù col «percorso», percorso di formazione, percorso articolato, percorso multimediale e via percorrendo. Per non parlare di «punteggio», parolina che sapendo tanto di meritocrazia avete sostituito con «crediti», i quali al contrario evocano soavi diritti (doveri, quelli sono out). Sia detto sine ira ac studio, questo arroccarsi nel gergo presuntuosetto (e millantatore) fa un po’ ridere. Sappiamo tutti che nulla convince i gonzi meglio di quello che non capiscono, tuttavia andarci giù con mano così pesante, via...
Ma veniamo al punto: le tracce, i suggerimenti per le esercitazioni con le quali il docente neoassunto è chiamato ad articolare «un proprio percorso di formazione all’interno di una offerta formativa molto ampia che prevede temi di natura generale insieme a tematiche disciplinari» favorendo «l’esercizio auto-regolato del pensiero complesso» e «la costruzione di unità di apprendimento trasversali» al fine di «inquadrare le problematiche della valutazione in una prospettiva di valutazione di sistema». Bene, tra le «offerte» compaiono: «I diritti dei bambini – La cittadinanza al femminile - La strega e l’emarginazione della donna nella modernità: l’altra metà del cielo – Le nuove schiavitù della globalizzazione – L’Italia da Paese di emigrazione a Paese d’immigrazione. Un laboratorio trasversale tra storia ed educazione alla convivenza civile – Lo straniero e il rifugiato politico: per una antropologia della reciprocità – Una visita al Museo degli stermini». Argomenti, questi, consigliati ai maestri chiamati a tener lezioni a scolaresche di bambini di sei, sette anni. Per questo invocavo il soccorso di Telefono azzurro. Con quelle «offerte» si suggeriscono infatti una serie di temi buoni per assoggettare all’ideologia girotondina creature per le quali il girotondo è e deve restare un gioco da praticare nell’ora di ricreazione. In quanto alle ore di lezione, abbiccì e tabelline.

Alla «strega e l’emarginazione della donna nella modernità: l’altra metà del cielo» o alla «antropologia della diversità» se ne avranno la curiosità ci arriveranno più avanti e da soli, ragionando con la propria testa. La scuola è chiamata ad insegnare, non a plagiare, egr. Giovanni Biondi.
Paolo Granzotto

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