La scuola parla arabo Tra gli alunni stranieri uno su tre è islamico

Rapporto Cnr rivela che dal 1995 a oggi la presenza di studenti di altre nazionalità si è decuplicata. Nelle classi ci sono ragazzi provenienti da quasi 200 Paesi diversi. Il primato all’Emilia Romagna

Alessio Garofoli

da Roma

Segno dei tempi: anche la scuola diventa sempre più multietnica. Nel 2001 gli istituti frequentati da studenti stranieri erano 20.581, nel 2005-2006 sono stati 37mila: oltre due terzi del totale. Il dato emerge da un’indagine del Consiglio Nazionale delle Ricerche sugli alunni con cittadinanza non italiana (delle scuole statali e non statali) presentata dal ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni. Gli stranieri, che secondo lo studio sono ben inseriti nella scuola italiana, sono stati circa 430.000 lo scorso anno scolastico, cioè il 4,8% su tutta la popolazione della scuola. Poiché l'aumento tra il 2003 e il 2005 è stato in media di 60/70mila unità all'anno, gli studenti non italiani potrebbero sfiorare le 500mila unità nel 2007. Un cambiamento molto veloce: si è passati, infatti, dai 50.000 dell'anno 1995-96 ai 430.000 del 2005-2006. Le percentuali sono comunque ancora inferiori a quelle di altri Paesi europei. I dati parlano chiaro: 23,6% in Svizzera, 10% in Germania, 13% nei Paesi Bassi, 15% nel Regno Unito, 5,7% in Spagna. Notevole il loro incremento nella scuola secondaria superiore: più di 80.000 nello scorso anno scolastico, di cui quasi l'80% negli istituti tecnici e professionali. La mappa della loro presenza sul territorio non è omogenea: sono il 9,5% in Emilia Romagna, più dell'8% in Lombardia, Veneto e Marche, ma solo l'1% in Campania e Sicilia. Vengono da 191 Paesi, e sempre di più dall'Est europeo, soprattutto dalla Romania - che passa, in due anni, dal 9,7% al 12,4% - ma anche da Ucraina e Moldavia. Cala di poco, invece, la rappresentanza di Albania e Marocco: negli ultimi due anni il primo è passato dal 17,7% al 16,3%, la seconda dal 14,9% al 14%. Questi due Stati rimangono, tuttavia, al primo e al secondo posto nella classifica delle cittadinanze, rispettivamente con 69.374 e 59.489 studenti. La Romania è al terzo con 52.821 presenze. Gli alunni con cittadinanza estera provenienti da Paesi islamici sono circa un terzo. Già dalla prima classe della scuola primaria, il 10% degli stranieri evidenzia un ritardo (la frequenza di una o più classi inferiori a quella prevista dall'età anagrafica), che sale al 75,5% nella prima classe della scuola secondaria di secondo grado. Dalla rilevazione Fioroni trae lo spunto per chiedere che nessuno gridi «mamma li turchi». Perché non c’è «nessuna invasione islamica». Ma la presenza di immigrati è ormai un dato di fatto. È dunque «necessario un grande impegno per promuovere forme efficaci e diffuse di accoglienza e integrazione» ha continuato il ministro, per il quale «l’apprendimento dell'italiano, con l’obiettivo di arrivare a una certificazione delle competenze, e il riconoscimento e la valorizzazione delle lingue d'origine e del patrimonio linguistico e culturale dei ragazzi stranieri devono essere al centro dell'azione didattica». Va riconosciuto, insomma, «il valore del meticciato». E allora via a una task force per l'integrazione che elimini le scuole-ghetto; a un meccanismo che renda davvero cogente per i figli degli immigrati l'obbligo scolastico fino a 16 anni; a un progetto per la formazione degli insegnanti, valorizzando quelli di seconda lingua; a una convenzione con la Rai per avviare un programma per l'apprendimento dell’italiano. E ancora, ci saranno l’introduzione di nuove lingue, accanto a quelle tradizionali, e biblioteche plurilingue. Tutti interventi utili a varare «un modello di integrazione basato sull'interculturalità». «L'indagine smentisce Fioroni, viene così a galla tutta la sua demagogia», dice invece Francesco Pasquali, segretario generale dei giovani di Fi. Dal momento che l’integrazione funziona, il problema non sono le scuole-ghetto.

«Sull’immigrazione il ministro Fioroni si contraddice: come pretende di intercettare le esigenze che stanno maturando nella società con una politica centralista che promuove solo omologazione?». Pasquali sottolinea, infine, che la riforma Moratti ha portato una «significativa riduzione» degli abbandoni, e l’integrazione tra «politiche dell'istruzione e della formazione e politiche sociali e del lavoro».

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