«Se ha ragione il comandante il viceministro deve andarsene»

«Le intimidazioni mi sembrano incredibili, ma la versione del generale è molto dettagliata»

da Roma

Uno dei due mente. Chi ha torto dovrà fasi indietro. E questo vale sia per il generale Roberto Speciale sia per Vincenzo Visco. A sostenerlo è Giuseppe Caldarola, un ex compagno di partito (Ds) e di corrente (riformisti) del viceministro all’Economia. Caldarola è convinto della gravità delle rivelazioni ed è sicuro che la politica stia attraversando una crisi perché i cittadini non tollerano l’intreccio tra affari e politica. La soluzione però non può essere quella neocentrista. Nemmeno se a guidare il governo dovesse essere Luca Cordero di Montezemolo. Perché la politica non deve essere «commissariata».
Che valore dà al verbale di Speciale?
«Il documento non lascia spazio a interpretazioni. Una parole contro un altra. Quindi sono dell’avviso che se ha ragione Visco il generale della Guardia di finanza non può continuare a guidare le Fiamme gialle. Viceversa, se ha ragione Speciale, Visco non può più fare il viceministro. Anche perché la testimonianza del generale è molto dettagliata, quindi o ci troviamo di fronte a un mentitore oppure si tratta di qualcuno che sostiene con forza le sue ragioni».
Da che parte pende la bilancia?
«Non riesco a dirlo. Conosco Visco e mi sembra incredibile che possa avere dato vita a questa successione di intimidazioni. D’altra parte Speciale è il comandante della Guardia di finanza e mi sembrerebbe drammatico se dovessimo scoprire che ha mentito».
Anche lei pensa che la disaffezione per la politica in Italia abbia raggiunto livelli di guardia?
«La politica sta attraversando uno dei suoi momenti cattivi, nel senso che si avverte in modo molto preciso una disaffezione verso la politica e le istituzioni, che nasce da un complesso di fatti. La politica si è allontanata dai cittadini e non risolve i problemi. Basta guardare cosa succede a Napoli. Poi i cittadini vedono un intreccio molto forte tra politica e affari. Fenomeni che riguardano anche le amministrazioni locali».
Pesa anche la delusione nei confronti del governo?
«A carico della sinistra ci sono sempre attese molto forti. Ma non mi pare che nell’ultimo anno ci sia stata un’inversione di tendenza, un segnale forte per affrontare i problemi, primo fra tutti il rapporto tra etica e politica che diventa sempre più stringente. Questa è una nuova questione morale e io mi auguro che sia la politica ad affrontarla, autoriformandosi».
E se invece lo sbocco di questa crisi fosse un governo centrista?
«Uno dei drammi della politica italiana è che i partiti tendono ad assomigliarsi. Pensavamo di evolvere e siamo tornati all’epoca giolittiana, ai partiti personali».
Parla del Partito democratico?
«Io ho aperto una polemica verso formule politiche che richiamano partiti senza identità, irresponsabile perché affidati solo all’emergere di personalità».
La convince di più la Sinistra democratica?
«No, io penso a un’altra cosa. C’è una grande differenza con altre formazioni, come Rifondazione comunista che hanno abbandonato l’idea comunista, ma non il progetto di una società socialista. Io penso a una società di mercato guidata da socialisti moderni».
Torno a chiederle, e l’idea di un governo centrista?
«Formule molto italiane. Nelle democrazie ci sono solo due modelli. Una parte può incorporare le ragioni dell’altro, come hanno fatto ad esempio Sarkozy e Tony Blair. Oppure c’è la prospettiva di un governo breve, delle larghe intese, per fare uscire il Paese dal cono d’ombra. L’ipotesi centrista non esiste, nemmeno se il governo fosse guidato da Luca Cordero Di Montezemolo. Perché il tema di una società moderna non lo può affrontare una politica commissariata, ma una politica forte. È una prospettiva sbiadita della quale non si vede la missione. Non ci credo e non me lo auguro. Preferisco una destra che prenda alcune ragioni della sinistra e una sinistra socialdemocratica che sappia raccogliere le domande sul piano della sicurezza, dei doveri. In mezzo c’è Bayrou, un’esperienza durata venti giorni e già fallita».


E lei da dove ripartirà?
«C’è uno spazio molto grande, per una costituente socialista che raccolga socialisti, liberal socialisti e democratici di sinistra. Che faccia riprendere quel cammino iniziato con Craxi quando pose il tema dell’autonomia socialista».

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