Ormai è diventata una mania. «Postare» su twitter o facebook (o molto spesso su entrambi i social network) qualsiasi cosa si pensi, si faccia o si pensi di fare. Passi se travolto da questa mania è il ragazzino adolescente ma se a farlo sono politici, anche di primo piano, allora il discorso è diverso. Prendiamo ad esempio la giornata dellaltro ieri, importante nel centro sinistra per il confronto a 5 tra i candidati alle primarie per lelezioni a sindaco di Genova. Alle ore 17 Roberta Pinotti scrive: «Prima del confronto a 5 rispondo alle mail degli elettori arrivate sul sito». Bene, lecito, legittimo, quasi sacrosanto per un candidato. Ma chi se ne frega? Per carità, il veicolo «social network» è appositamente creato per veicolare messaggi di dubbio interesse a chi li vuole recepire ma la senatrice-candidata, nel tempo impiegato per scrivere il suo «cinguettio» non avrebbe forse fatto a tempo a rispondere a qualche e mail di più? Sarà che per Roberta Pinotti quello di dialogare tramite twitter e facebook è diventata una irrinunciabile abitudine. Ma se messaggi che riguardano lagenda del giorno, gli incontri o i commenti agli stessi, hanno una loro logica, anche elettorale, sapere a chi risponde in privato, quando e come, non solo di certo non muove nemmeno un voto ma sicuramente importa poco o nulla.
Eppure la mania di dialogare virtualmente, postare o cinguettare, ha coinvolto un po tutti. Il sindaco Marta Vincenzi ha aperto da qualche mese una pagina su facebook, impegnandosi ad elencare quanto di buono è stato fatto dalla sua amministrazione ma costretta poi a confrontarsi con critiche anche molto accese, fino a rischiare di chiudere la stessa pagina a causa di insulti troppo espliciti. Anche il governatore della regione Claudio Burlando, poco presente sulla sua pagina facebook ufficiale ma I-pad addicted dellultimo periodo, ha la passione di diffondere in rete messaggi di dubbia importanza.
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