Se un sacerdote ignora il primo comandamento

Caro Granzotto, non intendo introdurmi nel mondo del fango gettato addosso al nostro premier, ma l’articolo che le allego, pubblicato sul più diffuso bisettimanale della nostra città, la dice lunga sul ruolo di alcuni prelati che, oltre a far politica, contribuiscono a svuotare le parrocchie dimostrando odio viscerale per le persone non gradite e confermando, purtroppo, che molto spesso rappresentanti della Chiesa confondono il ruolo di pastore con quello di fustigatore.
Vercelli

Ma che schifo, questo don Borelli. Ammiro il suo garbo, caro Pulcina, ma dopo aver letto lo schizzo di veleno firmato dal sacerdote - un salesiano, parroco di San Giovanni Bosco a Genova e le cui fregole giornalistiche lo portano a collaborare con La Sesia di Vercelli - io non me la sento di fingere. E siccome è schifo che provo, schifo scrivo. Afferma il prete: «Continuo a vergognarmi sempre di più non solo di Berlusconi come capo del governo, ma anche del codazzo ministeriale che lo difende come una brava persona a cui hanno rubato il rispetto» e fin qui è il solito beota tritume dell’antiberlusconismo militante. Niente di più, niente di meno. Andando avanti, le cose prendono un’altra piega: «Preti e laici cattolici si stracciano le vesti» per l’aborto e per l’eutanasia e tutto ciò «in nome di una fede poco misericordiosa», ma non c’è un vescovo «che faccia sentire quell’uomo», ossia Silvio Berlusconi, «un verme». Qui don Borelli va oltre il beota tritume dell’antiberlusconismo militante, qui ci mette del suo, ci mette il proprio animo meschino, rancoroso, astioso e invidioso, proprio di chi è davvero un verme o pidocchio che dir si voglia. E quello è un sacerdote? Un pastore di anime?
«C’è modo e modo di peccare», chiosa don Borelli. Per il quale vanno bene l’aborto e l’eutanasia per non parlare del Gay Pride (che «può essere una manifestazione discutibile, ma è necessario capire. E questa Chiesa, dobbiamo ammetterlo, finora da questa realtà è rimasta lontana»), però, «di fronte allo scandalo» di Berlusconi «che si fa i fatti propri, potenza dei soldi, a scapito di tutti», il prete travaglista non ammette attenuanti: «Si appenda al collo un lastrone di pietra e si butti in mare». Ma ci si butti lui, in mare e dove è più profondo, ci si butti con tutta La Sesia! «Ma quale catechismo ha frequentato Berlusconi, se non ha imparato l’amore di Dio e del prossimo?» ha il coraggio di chiedersi don Borelli. Lo chieda a se stesso, piuttosto. Sono generoso e gli dò un aiutino: «Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questo», Marco, 12,29-31. Dare del verme a qualcuno non significa amarlo. Significa odiarlo.

Ecco perché, caro Pulcina, leggendo quel che scribacchia don Piero Borelli, prete a tutti gli effetti, ancorché in cachemire e Lacoste, avverto quel senso di disgusto, provocato da persona moralmente ripugnante, comunemente definito schifo.
Paolo Granzotto

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