Venezia - Jennifer aveva 20anni, era bella e sarebbe dovuto diventare mamma. Era al nono mese di gravidanza quando il suo «fidanzato» Lucio Niero, un uomo sposato e con due figli, la portò a fare un giro. Aveva sempre tenuto nascosto alla moglie quella relazione che Jennifer, invece, avrebbe voluto diventasse un legame più solido. Quella sera di due anni fa, in un campetto isolato di Maerne, nel Veneziano, Niero si trasformò in una belva. Non voleva che quel bambino venisse al mondo, che la sua tresca fosse scoperta. Prese a picchiare quella donna che aveva messo incinta e che, per mesi, aveva chiamato amore. Uno, due, tre, dieci pugni, in pancia, al pube, in testa, con un tentativo di strangolamento, fino a farle perdere i sensi. Poi, prima ancora che morisse, scavò una buca e la seppellì insieme a quel bambino che così non sarebbe mai nato.
Ieri il gup di Venezia, Giuliana Galasso, ha condannato Lucio Niero, 36 anni, reo confesso dell’omicidio di Jennifer Zacconi, a 30 anni di carcere. Il pm, Stefano Puccini, aveva chiesto l’ergastolo, sostenendo la premeditazione del delitto e il procurato aborto per la creatura che la ragazza portava in grembo. I legali difensori di Niero, invece, escludevano la premeditazione e sostenevano la tesi della parziale incapacità di intendere e di volere.
Difficile pensare a un delitto più efferato, eppure il giudice, escludendo la premeditazione e ritenendo l’aborto un reato «assorbito» dall’omicidio, non ha accolto in pieno le richieste del pm e lo ha condannato a «solo» 30 anni. Ieri, mentre aspettava la sentenza, Anna Maria Giannone, la madre di Jennifer, teneva stretto a sé un canguro di peluche fatto per il nipotino che avrebbe dovuto nascere. «Trent’anni vanno benissimo - il suo commento - anche se noi siamo convinti che a morire sono stati in due e che quell’uomo avesse premeditato tutto». Anche Tullio Zacconi, il padre, ha commentato con sobrietà la sentenza, ma non appena ha visto Niero uscire dall’aula gli ha inveito contro. «Non vedrai più i tuoi figli e quando uscirai dalla galera sarà fatta giustizia».
L’avvocato di Niero ha annunciato già il ricorso.
Sulla sentenza interviene polemicamente anche l’ex ministro della Giustizia Roberto Castelli: «A un individuo, poiché chiamarlo uomo è difficile, che seppellisce viva una ragazza e insieme a lei un povero bambino che stava per nascere, non viene dato l’ergastolo - osserva Castelli -. Allora vorrei sapere cosa si deve fare in Italia per avere l’ergastolo. Non è più una questione di leggi da modificare, ma è la mentalità dei magistrati che deve cambiare».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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