Davide Pisoni
La notte porta consiglio. Il giorno dopo la levata di scudi dei capitani di serie A si prova a ricomporre il giocattolo, paralizzato dal nodo del contratto collettivo e già ammaccato da scandali di vario tipo. E così vanno in scena le prove di disgelo sull’asse Lega-Assocalciatori. I calciatori cercano di rientrare dal fuorigioco prima che il guardalinee alzi la bandierina. Perché stona a prescindere parlare di sciopero in una categoria che comunque agli occhi dei tifosi rimane di privilegiati. E avevano provato a evitare i polveroni demagogici scrivendo che non era una questione economica, bensì di diritti. Tutto vano. Nei bar e sulle spiagge della penisola l’obiezione fatta alla casta pallonara è sempre la stessa: con tutti i soldi che prendono ora vogliono incrociare le braccia come un lavoratore che rischia il posto di lavoro. Anche se è bene precisare che non si tratta di uno sciopero, parola mai pronunciata dal fronte calciatori, ma di uno slittamento del torneo perché quella giornata comunque si giocherebbe. Resta però il rischio di scavare un solco ancora più grande tra il mondo del pallone e l’Italia che prova a sbarcare il lunario. E allora ieri Damiano Tommasi, presidente dell’Associazione Italiana Calciatori, ha ammorbidito i toni parlando di un accordo possibile, perché c’è tutto il tempo. Ma si fa forte del fatto che i calciatori sono uniti come non era mai successo e non fa un passo indietro dalla sua posizione.
Sull’altro fronte c’è comunque un’esigenza di chiarezza, perché l’impressione è che i presidenti stiano facendo i furbi, hanno dato una parola e poi non l’hanno mantenuta, approfittando della situazione anomala che si è venuta a creare al vertice della Lega di serie A. Al timone c’è Maurizio Beretta, un presidente a mezzo servizio perché in altre faccende occupato. È sempre più mister-Unicredit, probabilmente pensa più alle vicende della banca e della Roma calcio. Infatti a far sprofondare la situazione è stato il grande equivoco che si è venuto a creare il 30 maggio: l’accordo sul contratto collettivo raggiunto sulla parola è stato firmato dall’Assocalciatori, ma non dalla Lega, che in assemblea bocciò il testo presentato da Beretta. Una sorta di ammutinamento. La domanda è legittima: resta lui l’intercolutore o è meglio sedersi al tavolo coi presidenti?
Ieri è sceso in campo per mediare, come aveva già fatto in primavera, il presidente della Federcalcio Giancarlo Abete che ha incontrato Beretta, due ore per provare a sbloccare l’impasse. «Lo sciopero non ha senso, si può evitare perché ci sono spiragli - ha detto il numero uno della Lega -. Si può chiudere un accordo di soddisfazione generale e si potrebbe firmare in qualsiasi momento». Il primo risultato è stato ottenuto: il 19 agosto e non più a inizio settembre, cioè a torneo iniziato, uno dei motivi di irritazione nel sindacato, i presidenti parleranno del contratto collettivo per poi giungere in tempi rapidi alla firma.
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