Una tariffa unica aerea e una flotta navale sarda per rilanciare il turismo e un patto di stabilità meno penalizzante per ridare ossigeno alle finanze della Sardegna. Il presidente della Regione Ugo Cappellacci punta i piedi e annuncia una sorta di piccola rivoluzione silenziosa per la sua terra che farà sentire il botto già nel prossimo anno.
Dunque, presidente, riusciremo a far vacanze sulla vostra bella isola senza dover lasciare uno stipendio alla Tirrenia o ad una delle compagnie aeree in circolazione?
«Il nostro obiettivo è calmierare i prezzi. La Sardegna non può essere solo una terra affascinante, ricca di storia, di tradizioni e suggestioni, dev'essere anche facilmente raggiungibile per i visitatori e non più isolata per i sardi». Ma con le tariffe delle Tirrenia la gente scappa e preferisce la Corsica, meno costosa per i collegamenti.
«È nota la nostra lunga e dura battaglia contro quel sistema Tirrenia che per decenni ha compresso le possibilità di sviluppo della Sardegna. E abbiamo varato una flotta sarda che ora, con l'approvazione di apposita legge regionale, passerà da una fase sperimentale ad una seconda iniziativa di lungo periodo, in difesa dei nostri diritti».
Bene Saremar a prezzi calmierati ma come la mettiamo con gli aerei?
«Purtroppo siamo consapevoli di questo grosso ostacolo. Nell'ultimo anno i passeggeri che volavano con compagnie tradizionali erano 2 milioni e 300mila. Ora poco meno di 2 milioni».
E con la crisi potrebbero calare ancora.
«Una cosa che non possiamo permetterci. Così abbiamo adottato una politica di rottura e approvato una piccola rivoluzione del trasporto aereo per una tariffa unica residenti-non residenti. Questo significherebbe un'iniezione positiva per la nostra economia e allo stesso tempo un effetto indotto in termini di maggiore entrate fiscali pari ad almeno 40 milioni di euro. I dati della Banca d'Italia, infatti, dicono che in media ogni visitatore spende 100 euro al giorno, per 4 giorni di permanenza».
E come hanno reagito le compagnie?
«La prima gara è andata deserta. Del resto, le innovazioni e le scelte di rottura non sono facili né indolori e generano molte resistenze. Un modello virtuoso e innovativo non è semplice da attuare ma può rimuovere le criticità di quello attuale. Noi vogliamo assicurare certezza e qualità dei servizi per i residenti e un riequilibrio dei vantaggi che non possono arricchire solo le compagnie a danno dei sardi e dei turisti».
Quale la prossima mossa?
«Se nessuna compagnia accetta gli oneri di servizio, pensiamo al seguente modello: tariffa unica per gran parte dell'anno, 9 mesi (dal 16 settembre al 14 giugno); un'eccezione di 3 mesi in cui la tariffa per i residenti resterà invariata mentre per i non residenti sarà libera ma controllata con il price cap che impedisce tariffe esose ed atteggiamenti predatori. Questo modello potrà entrare in vigore entro il 27 ottobre 2013».
Qual è l'altra spina nel fianco per lo sviluppo dell'economia isolana?
«Ovviamente la stretta del patto di stabilità. Ci impedisce di spendere le risorse che per statuto sono solo della nostra regione. In pratica, c'è una quota di tributi maturati in Sardegna che ci spetta di diritto e che lo Stato ci permette di iscrivere in bilancio ma non di spendere».
Quali sono le ricadute pratiche di questa acrobazia di bilancio?
«Nel 2013 avremo una capacità di spesa ridotta di circa 821 milioni su un bilancio di 7 miliardi. Questa forzatura contabile è inaccettabile perché non è oggettivamente sostenibile ed è pure discriminatoria. Quei soldi sono dei sardi: i nove decimi dell'Iva e delle accise, e i sette decimi dell'Irpef sono nostri. È giusto rendere conto allo Stato di come spendiamo ma sulle nostre risorse dobbiamo decidere noi».
In questo braccio di ferro chi vincerà?
«La Regione sta contestando in tutte le sedi politiche, amministrative e giurisdizionali il comportamento del Governo che ci ha portato a questo punto. E continueremo a farlo finché non avremo ottenuto il pieno e totale rispetto delle norme statutarie e la corretta applicazione delle leggi e delle sentenze».
Si riferisce alle decisioni della Consulta?
«Esatto. La Corte costituzionale ci ha già dato ragione ma lo Stato sostiene che sia necessaria una legge nazionale per rimodulare i saldi della finanza pubblica. Intanto il nostro bilancio soffre di una terribile anomalia: pur essendo aumentato il livello contabile delle entrate, abbiamo una forbice, che si sta ampliando, fra il livello delle stesse entrate aumentate e la reale possibilità di spesa che si riduce».
Come fate a fronteggiare le emergenze economiche?
«Con uno sforzo rilevante abbiamo messo in atto misure che ci hanno permesso di mantenere inalterati gli stanziamenti a favore delle categorie più deboli, del lavoro e delle imprese, dell'università e della ricerca; della continuità territoriale; del fondo unico per gli Enti locali; delle opere pubbliche cantierabili; del co-finanziamento dei nostri programmi europei e nazionali essenziali per la competitività e l'ammodernamento minimo delle nostre infrastrutture».
Dunque non potete essere accusati di fare soltanto rivendicazioni, perché vi siete tirati su le maniche per agire.
«In questa legislatura stiamo portando avanti un'azione a tutto campo per salvaguardare le realtà produttive e per liberare la Sardegna dai gioghi che per decenni ne hanno limitato le capacità di sviluppo. L'epoca delle soluzioni, contrabbandate come miracolose, calate dall'alto è finita».
Quali sono i settori che subiranno vere trasformazioni?
«Le nuove filiere e quelle aree che non hanno ancora espresso in pieno le loro potenzialità, come il turismo, l'agroalimentare, la ricerca, l'innovazione e l'energia pulita. Questi obiettivi ambiziosi richiedono però il superamento dei gioghi dello sviluppo e soprattutto di quel limite oggettivo che è rappresentato dalla nostra condizione di insularità».
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