nostro inviato a Bologna
Arriva alla Festa dellUnità, per il dibattito intervista con Giovanni Minoli, dopo che unaccurata regia, ha cercato di trasformare lappuntamento in un evento. Piero Fassino, ha giocato le carte, per trasformare il dibattito alla Festa dellUnità nellultimo di una storia e nel primo di unaltra. La serata, alla sala 14 Ottobre inizia con un video, che pare fatto apposta per stringere il cuore ai militanti e mettere in moto lapplausometro: da Togliatti, a Veltroni, tutti i segretari del partito prima di lui. Il segretario dei Ds cerca di mostrarsi sicuro, se non fosse per quelle domande che Minoli continua a rimpallargli con una paroletta sorniona: però... però...
Il primo però di Fassino è che lui voleva candidarsi alla leadership è ha dovuto rinunciare. Il secondo è che voleva entrare nel governo ed anche lì ha fatto un passo indietro. Ad un tratto il segretario dei Ds interrompe la catena di domande del conduttore televisivo ed esclama: «Non ho nessuna vocazione al martirio». Fassino stupisce pestando forse sui temi della polemica politica di questa estate. Primo, il finanziamento ai partiti, secondo, la lotta contro «la campagna antipolitica» inaugurata dal Corriere della Sera (che nomina in maniera inequivocabile citando i suoi due giornalisti). Sui soldi e sulla politica, dopo il silenzio che aveva accompagnato lintervista a il Giornale del suo tesoriere, Fassino si posiziona tessendo un peana per Ugo Sposetti: «Solo in un Paese come questo una cosa ovvia come quella che ha detto lui può essere presa come uneresia. Nessun uomo di buonsenso può negare quello che ci ha spiegato Sposetti, e cioè che bisogna attuare larticolo 49 della Costituzione e sostenere i costi della democrazia». E ancora, come se non volesse mollare il punto: «La cosa assurda è che si continua a prendersela con il povero Sposetti - sospira Fassino - che è tesoriere dellunico partito, il nostro, che non vive di solo denaro pubblico».
E subito dopo, il segretario dei Ds parte lancia in resta contro la polemica politica aperta dal best seller di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo «A partire dalla pubblicazione de La casta si è sviluppata unombra, che ha alimentato una campagna anti politica. Io sono il primo, a voler combattere gli sprechi, e faccio anche degli esempi concreti. Vogliamo fare davvero la battaglia alla Casta? Allora bisogna dire che le caste sono molte...». Pausa, prende quasi la rincorsa, si toglie il sassolino dalla scarpa: «Quei giornali che sono così accaniti contro la casta della politica infatti - (il Corriere della Sera, ndr) - purtroppo sono molto più blandi e ciechi con altre caste ed altri poteri. Allora, invito Stella e Rizzo a scrivere un altro libro su unaltra casta, se vogliono essere credibili nelle cose che dicono». È quasi divertente, sentire gli esempi di Fassino: punta il dito sullauto blu dei «venti direttori di un ministero di cui non voglio fare il nome», chiedendosi perché debbano essere «presi la mattina e riaccompagnati a casa la sera». Fassino spiega che sulla riforma elettorale le possibilità di riforma gli sembrano: «quasi prossime allo zero». Aggiunge che «il centrodestra vuole giocare la carta del referendum per cavalcare le elezioni anticipate». Minoli gli chiede. «Ma Berlusconi le vuole davvero?». Fassino si lascia scappare una risata: «Andare a votare è la sua idea fissa, ma penso che sbatterà il naso». E così alla fine di una serata giocata sullorgoglio di partito, la difesa delle Feste dellUnità come pilastro della democrazia, la difesa della casta della politica contro le altre caste ti resta in mente unimmagine quasi tenera, di un leader che ancora «non sa cosa farà da grande».
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