Sgarbi: «Milano avrà un festival del cinema»

L’assessore ha già un progetto firmato da Enrico Ghezzi: «Non sarà generico, non concorreremo con Roma, Cannes o Venezia»

Le Serate ripartono. Ufficialmente lunedì con un recital pianistico di Alexander Lonquich e ufficiosamente oggi (ore 21), in Conservatorio, con un concerto fuori cartellone, alias abbonamento. Protagonisti sono la Camerata Salzburg e il suo direttore artistico, il violinista Leonidas Kavakos, che firmano un programma segnato da tre partiture: il Concerto in re minore per violino e orchestra di Bach, la Suite per Orchestra d’archi di Janacek e La morte e la Fanciulla di Schubert secondo la versione mahleriana.
La Camerata è uno dei complessi di riferimento, è sufficiente scorrere l’albero genealogico che a sua volta affonda le radici in una terra musicalissima: Salisburgo. Qui Bernhard Paumgartner, nel 1951, attingeva direttamente al Mozarteum di Salisburgo alimentando una compagine che ha lavorato con continuità con artisti significativi come Géza Anda: fra i primi a dirigere l’orchestra dal pianoforte. Altro nome duraturo quello di Sándor Végh, ungherese, che spingeva lo sguardo della Camerata oltre ai prediletti nonché congeniali Mozart, Haydn e Schubert. Dal 1997, quindi dall’era Sir Roger Norrington, il Festival di Salisburgo ha incoronato la Camerata confezionandole una serie su misura.
Questa pre-inaugurazione delle Serate è sintomatica della filosofia di una delle più intelligenti stagioni musicali che Milano possa offrire. Quarantasei serate in abbonamento, più altre dieci segnate da presenze di classe rappresentative delle generazioni d’oggi e del passato (pur prossimo). Così, in novembre si assisterà a un trio che associa il violoncellista Misha Maisky, sulla cresta dell’onda da anni, al giovane Julian Rachlin. È ben rappresentata l’ultima generazione del violino capitanata da Hilary Hahn, quindi Julia Fischer, Ilya Gringolts e Maxim Vengerov. Questo, mentre non si dimenticano i classici: Salvatore Accardo e Uto Ughi. Stesso discorso per il pianoforte che porta alla ribalta il premio Busoni di quest’anno, Sofia Gulyak, ci fa conoscere Saleem Abboud Ashkar, pianista di Nazaret tenuto in gran conto da Daniel Barenboim e pare anche da Riccardo Muti che lo ha diretto più d’una volta. D’ultima generazione pure il polacco Piotr Anderszewski, Andrea Bacchetti, Polina Leschenko, Nikolay Lugansky, Olli Mustonen.

Caviale della gastronomia musicale che culmina in personalità sulle quali non si sta a discutere, vale a dire Andrai Schiff, Martha Argerich, Angela Hewitt. In cartellone pure Antonio Pappano, già, il direttore musicale e artistico del Covent Garden di Londra, dal 2002, e dell’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia di Roma nell’ottobre 2005.

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