Vicenza - Con feroce innocenza i compagni di scuola lo prendevano in giro. Si fa così, a 11 anni, si prendono di mira i difetti di chi sta nell’altro banco: cicciobomba, quattrocchi, tappo. Alberto, nome di fantasia, aveva le orecchie a sventola, come ce le hanno migliaia di bambini. Chissà, magari lo chiamavano Dumbo, sai che rincorse nel cortile della scuola, sai che scazzottate, prima di chiudere i conti con una partita di calcio all’oratorio del paese, Campiglia dei Berici, basso vicentino, l’unica porzione della ricca provincia berica dove ancora i campi predominano sulle fabbriche. Ma stavolta i conti Alberto li ha chiusi a modo suo, in un modo terribile, incomprensibile, inaccettabile: ha preso una corda da palestra, è sceso nella cantina della sua bella villa e si è impiccato.
Certo, i carabinieri stanno valutando anche la possibilità che Alberto abbia trovato la morte al termine di un assurdo gioco con gli altri tre fratelli, ma dopo aver raccolto le prime testimonianze proprio in ambito familiare, è l’ipotesi del suicidio quella più probabile. Almeno a giudicare da come il fratellino più piccolo ha ricostruito quelli che probabilmente sono stati gli ultimi momenti di vita di Alberto.
Secondo le prime sommarie ricostruzioni, ieri pomeriggio Alberto si è allontanato dalla casa ed è andato in cantina da solo. Nessuno lo ha seguito, forse erano presi dai compiti. La casa è grande e l’assenza non dà troppo nell’occhio. Il più piccolo dei fratelli, un bel po’ di tempo dopo, forse delle ore, vedendo che Alberto non tornava di sopra, è andato a cercarlo. L’ha chiamato, senza ricevere risposta, ma non ci ha messo molto a trovarlo: Alberto stava appeso a quella dannata corda da palestra, già senza vita, scappato da questo mondo che lui giudicava troppo crudele e da cui voleva fuggire lontano, in un posto dove nessuno trovasse da ridire sulle sue orecchie.
Sono attimi terribili. Il fratellino grida, i genitori accorrono, lo tirano giù disperati, chiamano i soccorsi e da Noventa Vicentina arriva subito l’ambulanza. Ma i medici non possono fare altro che constatarne la morte. Quel nodo era stato fatto in maniera perfetta e non gli ha lasciato chance.
I carabinieri hanno ricostruito così la tragedia avvenuta a Campiglia. Non ha lasciato alcun biglietto, Alberto, non ne aveva bisogno. Ma questa delle offese per le orecchie a sventola era una storia che andava avanti da tempo e per questo gli inquirenti hanno anche sentito una insegnante della scuola media che Alberto frequentava. Non che ci siano reati da perseguire, naturalmente, e i carabinieri non hanno certo intenzione di prendersela, quand’anche ci fossero, con i compagni di scuola che con innocenza, per quanto feroce, prendevano di mira Alberto. Solo per capire, solo per chiudere il caso, come si dice in burocratese. E semmai per verificare che non vi fossero situazioni di grave disagio non segnalate come si sarebbe dovuto.
Ma questo non ha le caratteristiche di un giallo, non c’è un colpevole da assicurare alla giustizia.
C’è solo un bambino più sensibile di altri, che non ha retto alla crudeltà quotidiana che circola tra i banchi dei bambini di tutte le scuole, da sempre. C’è chi reagisce, chi risponde, chi si chiude in se stesso, chi rimane segnato tutta la vita per le angherie subite. E chi la vita se la toglie, prima ancora di scoprire cos’è.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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