«Siamo pieni di soldi nascosti Libertà di saldi ai negozianti»

Professore, gli italiani sono più ricchi di quanto si crede? I dati di questi giorni indicano che i redditi cresciuti anche in tempi di crisi, e le code ai saldi o sulle autostrade ne sono una conferma visiva...
«L’Italia è un Paese con il più alto debito pubblico ma con il più elevato risparmio privato - risponde Gianluca Spina, economista e direttore del Mip-Politecnico di Milano -. Il sistema delle famiglie contiene non un tesoretto, ma un tesorone. Non c’è dubbio che esiste una ricchezza diffusa. Ma c’è anche qualche dato distorto».
Quale?
«Commentando l’aumento del reddito medio, qualcuno ha detto che cresce la divaricazione tra ricchi e poveri».
E non è vero?
«No. Credo che la crescita del reddito sia dovuta soprattutto a una maggiore emersione di ricchezza, frutto anche della lotta all’evasione. Basta guardare le Mercedes e i Suv in autostrada per capire che siamo un Paese più ricco di quanto dicono gli elenchi delle imposte».
In momenti come questi, poi, in cui le festività e i saldi invitano ai consumi, tutto è ancora più evidente. Secondo lei che senso ha una normativa così dirigistica sui saldi, che cominciano e finiscono per legge?
«Nessuna. È uno dei casi dell’iper-regolamentazione italiana, lo specchio di uno Stato che vuol intervenire sopra i mercati, fino a sfiorare il ridicolo. I commercianti devono essere liberi di fare i prezzi, i saldi, gli sconti che vogliono. I furbi lo fanno già, facendo finta di chiudere un negozio, per riaprirlo con un altro nome, visto che le vendite ribassate sono possibili solo in caso di liquidazione dell’attività».
Ma che cosa significano i saldi? Che il prezzo prima era troppo alto?
«Riflettono politiche di prezzo del canale distributivo che sono gonfiate o non corrette».
Può spiegarsi meglio?
«Le faccio un esempio. La più grande catena distributiva del mondo, Wal-Mart, ha come slogan: “Every day low price”, prezzi bassi ogni giorno. Non è questa la logica del saldo. Il saldo è un meccanismo inefficiente per il commerciante, perché significa che si è creato stock precedenti che non è riuscito a smaltire, e di cui deve liberarsi per rinnovare le collezioni (visto che il settore principale è quello dell’abbigliamento); oppure che è stato indotto dal produttore a comperare troppo. Per la teoria economica, i saldi sono un fenomeno patologico che danneggia sia il commerciante che il produttore a monte. Se migliora l’integrazione, i saldi non hanno ragion d’essere».
Perché?
«Le rispondo con un altro esempio, quello di due catene di distribuzione che si fanno concorrenza sullo stesso mercato, Zara e Benetton. La prima controlla direttamente i punti vendita, programma i volumi durante la stagione riuscendo a calibrarli secondo l’andamento degli affari. Di fatto, fa saldi per una bassissima percentuale di prodotto».
E Benetton?
«Non ha questa capacità di integrazione con la distribuzione, fatta - tranne poche eccezioni di controllo diretto - di una rete monomarca in franchising; il suo interesse è quello di gonfiare le vendite ai negozi, che quindi finiscono per dover saldare. Le due catene hanno lo stesso business, ma modelli diversi. Chi più salda, più ha sbagliato prima. I prezzi di Zara rispecchiano maggior efficienza e assicurano margini e profitti costanti».


Tornando agli italiani, lei crede che tanto «nero» possa essere arginato?
«Il “nero” oggi serve a tante famiglie per sopravvivere, perché le tasse - sembrerà banale dirlo - sono troppo alte. Lotta all’evasione e allargamento della base imponibile devono andare insieme. E la base imponibile si può allargare solo rendendo le aliquote più accessibili a tutti».

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