SIAMO LA TV PIÙ OSPITALE DEL MONDO

SIAMO LA TV PIÙ OSPITALE DEL MONDO

Gli stranieri ci criticano, non passa trimestre che non si abbia notizia di qualche giornale o servizio televisivo estero che si occupa di noi mettendoci alla berlina. Una volta erano le copertine dei settimanali tedeschi raffiguranti spaghetti e pistola, di recente sul banco degli imputati è la nostra situazione politico-economica, altre lo stato della nostra tv (come se dalle altre parti se la passassero bene). Però di una circostanza gli stranieri dovrebbero darci atto: non c'è paese più ospitale del nostro nei confronti di chi, arrivato in Italia, vuol fare tv. È sempre stato così a cominciare dalle ballerine (se ne può fare un elenco che riempirebbe queste colonne, in testa le gemelle Kessler che perlomeno erano brave) per proseguire con le presentatrici, le soubrette (in buona parte mediocri) e infine i giornalisti. Siamo talmente ospitali che ci facciamo spiegare l'economia da Alan Friedman, la politica da Rula Jebreal, il calcio da Idris, il costume nazionale da Tobias Jones (Cervelli d'Italia, domenica su Raitre, ore 23,30). Discorso insidioso, perché subito scatta il riflesso condizionato dell'anima bella che obietta: ma come, vorresti un'anacronistica chiusura delle frontiere televisive per gli stranieri, come se non bastassero le tante polemiche sulle ondate migratorie di tanta povera gente verso le nostre coste? Chiaro che non si chiede nulla del genere. Ma l'andazzo è curioso perché non risulta esista una simile reciprocità, una analoga ospitalità, una medesima possibilità di lavorare nelle tv estere per le nostre soubrette, e tantomeno i nostri giornalisti ai quali nessuno oltre frontiera sogna di chiedere programmi in cui un italiano spieghi i tedeschi ai tedeschi, i francesi ai francesi, ecc. C'è qualche rarissima eccezione, come la Carrà che ha avuto un programma in Spagna e la «quasi tedesca» Gruber in Spagna, mentre a Beppe Severgnini l'Economist (che però è un giornale) chiede di raccontare agli inglesi come sono fatti gli italiani. Ma sono appunto eccezioni. Detto questo, Tobias Jones è bravo né più né meno di tanti altri inchiestisti di casa nostra. Queste sue interviste a persone che si distinguono nel loro campo (il campione di memoria, la teologa comunista, la maestra d'asilo di Reggio Emilia, l'etruscologo ex galeotto) hanno il tratto delicato del bozzetto e si fanno vedere volentieri.

Se poi Tobias, per ricambiare il favore, fosse così gentile da mettere una buona parola alla Bbc per qualche valente documentarista di casa nostra, tanto meglio. Giusto per toglierci dalla mente il sospetto che l'apertura multiculturale valga solo per noi.

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