Sicurezza e fiducia: torna di moda il custode

Il custode. Presenza tacita, che dopo il successo del libro e del film L’eleganza del riccio sfodera un suo volto inedito, meno casereccio, più moderno e curioso, rispetto alle farsatelle romane degli anni ’50. E’ un privilegio che costa il portierato di un condominio, per questo in tante città sta andando esaurendosi, ma Milano in controtendenza conferma l’importanza di una figura che infonde protezione e sicurezza. Luisella Fenu, 51 anni, vive nella portineria del marmoreo stabile di via Mozart 22 da più di un ventennio e dalla vetrinetta scorrevole del suo appartamento salutava l’inquilino Leonardo Mondadori. Ora dalla stesso vetro vede entrare e uscire Dolce e Gabbana.
«C’è stato un momento, circa sette anni fa - conferma - che si parlava di ridurre il numero dei portieri per tagliare i costi, tanto è vero che avevamo fatto anche una raccolta di firme per tutelarci. Ora invece siamo tornati ad avere molta considerazione, perché garantiamo un servizio insostituibile. Base del lavoro: riservatezza e fiducia». Tiene come una reliquia il libro che le donò il «dottor Leonardo», La Conversione, e ne celebra semplicemente la verità. «Negli ultimi anni il suo volto cambiò. Si fece più sereno e luminoso, la sua fu una vera apertura di spirito. E quella era un’altra Milano, la grande città degli anni ’80, fatta di veri signore e signori. Ora è svanita. Diverso stile: tutto va di fretta, nessun spazio per l’umanità. Anche nel mio lavoro da dieci anni è comparso uno strumento che prima non c’era: il registro». Un quadernone verde, dove Luisella Fenu scrive nome e cognome di ogni persona che passa di lì. Sicurezza. «Di sopra non può andare nessuno. Tutto si ferma da me. Dai fioristi con i mazzi ai postini con le raccomandate. L’inquilino va accudito come un figlio, per questo le donne sono molte nel nostro lavoro, perché fanno del lavoro e della famiglia un unico nucleo».
Ma le donne sono riservate? «Dobbiamo esserlo. Se siamo qui è perché dimostriamo che non siamo più le portinaie di una volta, che sapevano tutto di tutti. Ora: io non vedo, non parlo, non sento. Semmai scrivo». Tiene un diario? «Una specie, mi piace meditare sulla vita che vedo scorrere. D’altronde sono stata la custode e anche la cuoca di un grande editore».
Massimo Armandi ha iniziato il suo mestiere a 35 anni. Nel settembre scorso ne ha compiuti quaranta nella portineria di via Benetto Marcello numero 6, dove trascorre le nove ore quotidiane insieme alla sua gattina Luna, mascotte di tutto il condominio. «Appartengo a una generazione che sta cercando di trasformare questo lavoro - racconta - che, al di là d’essere una capriccio, ha invece una ragione di forte necessità, soprattutto con l’avanzare d’età delle persone». Magro, scattante, intraprendente nello stabile cerca di fare il più possibile: cura il giardino interno, esegue le più immediate mansioni di elettricista o idraulico. Primo principio: meno persone vanno ai piani, più è protetta la vita del palazzo, perché con i tempi che corrono non ci si può fidare di nessuno, soprattutto in una zona della città che si trova tra la stazione Centrale e corso Buenos Aires, due «piazze» di passaggio e di commercio.
Ha già sventato il tentativo di furto di due topi d’appartamento e sedato il rischio di un incendio, inferto su un portaombrelli forse da chi aveva consegnato la spesa a un condomino da un centro commerciale lì vicino. «Altri due fattori rinnovano la nostra professione: il rapporto costante con l’amministratore e i consiglieri, è il primo. Il secondo: la capacità di interloquire con gli altri custodi, in modo da assicurare la tranquillità della convivenza non solo in uno stabile ma nel quartiere».
Anche grazie alle sue pressioni si è intensificata la vigilanza della zona, tranquilla, ma ogni tanto colpita da qualche pericolosa pensata, come la distruzione delle automobili parcheggiate, due anni fa, da parte di ragazzi con i sampietrini. «Mi piace il termine custode - conclude Massimo Armandi -. Per me significa tenere tutto sotto controllo, dai solai alle cantine, con freddezza, partecipazione ma anche distacco. Amo la complicità con i condomini, ma non la chiacchera sul privato. Ho scelto una gatta come compagna: sensibilità e indipendenza devono essere le nostre doti».
Più avanti, al numero 22 di Benedetto Marcello, c’è Tonina Usai. Vecchia generazione: 65 anni. «Guardi, non siamo mai state belle statuine - inizia con piglio -. Sono sempre stata madre, sorella, cugina dei miei «ragazzi» e «ragazze». C’è ancora chi entra a mezzanotte e non ha le chiavi di casa. Allora ci sono io, Tonina. Chi ha bisogno di una mano per preparare una cena, magari per dei Principi. Allora ci sono io, Tonina. Chi non riesce a far andare su e giù l’ascensore. Eccomi qui. Una volta ho bloccato anche un tentativo di furto.

Due uomini con un lungo cacciavite in mano che mi dicevano di cercare un veterinario. Quando ho capito, li ho fatti scappare e uno ha avuto anche il coraggio di dirmi che aveva «l’uccello malato». Di tutti i colori ne sentiamo e stiamo zitti». Parola della simpatia di Tonina Usai.

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