Società quotate a rischio scalata La Consob: cambiamo le regole

da Roma

Rischio scalata per le società italiane quotate in Borsa. La crisi finanziaria e la conseguente flessione dei prezzi sui mercati azionari (solo parzialmente recuperata nelle ultime due sedute) creano opportunità imprevedibili fino a pochi mesi orsono. A lanciare l’allarme il presidente della Consob, Lamberto Cardia, durante un’audizione alla commissione Finanze del Senato.
«Suscitano nuove preoccupazioni le conseguenze che la situazione del mercato può avere sull’esposizione delle società quotate a tentativi di acquisizioni ostili», ha detto Cardia. In particolare, ciò che desta timore è l’esiguità delle tattiche difensive per le società-preda. «Sono infatti elevate - ha spiegato - le limitazioni attualmente imposte dalla normativa nazionale alle capacità di difesa delle società, la cosiddetta passivity rule, che impone ai manager della società bersaglio di non effettuare operazioni che possano ostacolarne l’acquisto». Si tratta, ha sottolineato il presidente dell’authority di vigilanza sulla Borsa, «di limitazioni legittime e giustificate in contesti ordinari di mercato diversi da quello attuale».
Al di là dei possibili riflessi delle turbolenze attuali, Cardia ha voluto però specificare che il nostro Paese corre «rischi anche inferiori di quelli che emergono in altri mercati»: i piccoli risparmiatori, perciò, «non hanno nulla da temere». A questo scopo è stata sempre diretta l’attività di sorveglianza della Consob attraverso «provvedimenti progressivamente sempre più restrittivi volti a limitare la speculazione» e le vendite allo scoperto (effettuate senza piena disponibilità dei titoli, ndr).
Tali interventi, ha spiegato, hanno mirato ad «arginare gli effetti sul mercato azionario di una crisi che ha la sua origine e il suo epicentro altrove». Per questo motivo, «ulteriori provvedimenti dovranno essere concordati a livello internazionale».
A tal proposito, Cardia ha ricordato che la Consob è già intervenuta bloccando l’accesso alle negoziazioni di operatori che avevano effettuato vendite allo scoperto su Unicredit e ha «inviato 11 richieste di cooperazione internazionale in relazione all’operatività allo scoperto sulle azioni di quattro emittenti finanziari italiani (Mps, Bpm, Unicredit e Unipol)». La cooperazione è stata attivata con le autorità di 4 Stati Ue (Francia, Germania, Regno Unito e Svezia) e di un Paese extra-Ue (Bermuda).
La limitazione delle vendite allo scoperto non ha trovato però concorde l’amministratore delegato di Borsa Italiana, Massimo Capuano, che ha sottolineato come tali operazioni «non sono da demonizzare perché sono uno strumento che aiuta molto il mercato».

Cardia, tuttavia, ha voluto evidenziare che la crisi si combatte anche attraverso un «maggior livello di trasparenza nelle società». Una misura ad hoc potrebbe essere rappresentata «dalla comunicazione degli azionisti di un gruppo, a prescindere dalla quota detenuta» e quindi anche al di sotto dell’attuale limite del 2 per cento.

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