da Milano
È cresciuto con il teatro. Fiumi di regie, firma numero uno di programmi intitolati a Celentano, Fiorello, Morandi. Ora, a cinquantanni, Giampiero Solari passa allopera. E poiché non cè tempo da perdere, sè preso un titolone come Aida di Giuseppe Verdi ed è sceso nella fossa dei leoni: lArena di Verona. Curriculum eclettico il suo, di quelli che sollevano polveroni. Non sè fatto attendere Franco Zeffirelli, decano della regia dopera, pronto a bacchettare il collega per aver osato troppo.
Solari, cosa risponde alle polemiche?
«Noi facciamo solo tentativi. Stimo Zeffirelli e credo che non gli faccia onore usare questo tono. Oggi la lirica corre il rischio di essere autoreferenziale. Il compito di un regista è quello di cercare freschezza nellantico».
Quali sono gli elementi di freschezza di questa sua Aida?
«Lesclusione di ogni elemento descrittivo, di orpelli e geroglifici vari. Intendo Aida come un poema epico, segnato dal rigore di un rituale. Tutto si svolge in un sito archeologico che funge da scena apparentemente fissa, in realtà le dimensioni mutano continuamente».
Cambiano grazie a quale espediente?
«Anzitutto a un uso massiccio di fasci di luce. Un cono di luce traduce una piramide che avvolge lintera arena, pubblico incluso».
Comè nata lidea di Aida a Verona?
«Dopo lo spettacolo di Fiorello qui in Arena, ho pensato di impiegare questi grandi spazi anche per lopera. Il melodramma deve uscire dal solito teatro che rischia di diventare un museo».
Ci sono problemi di acustica, non tutte le opere si prestano agli esterni...
«Con il sovrintendente Claudio Orazi sto progettando di far circolare Aida in altri teatri allaperto, anche in pieno deserto».
Dalla tv allopera: comè questo ambiente?
«È come passare da un laboratorio artigianale a una fabbrica darte».
Certo, il passaggio dalla tv non sarà stato semplice...
«Tuttavia interessante. E poi, in tv ho sempre fatto spettacoli di un certo tipo. Rispetto molto la televisione».
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