"Sono figlia di contadini e mi alzavo alle 4 per andare a scuola. Oggi faccio l'ingegnere biomedico"

"Sono figlia di contadini e mi alzavo alle 4 per andare a scuola. Oggi faccio l'ingegnere biomedico"

Quando era una bambina Manuela Appendino, oggi ingegnere biomedico e fondatrice del network WeWomEngineers, sgattaiolava a curiosare tra macchinari, paste e frese nel laboratorio del dentista che doveva metterle l'apparecchio. E sgranava gli occhi quando vedeva la polvere trasformarsi in dente. «Da piccola immaginavo che avrei costruito qualcosa», racconta. Poi tornava nella sua cascina di campagna e sua mamma le insegnava «i lavoretti di casa, dallo stirare i fazzoletti a lavare i piatti in piedi sullo sgabello».

Se riguarda quella bambina cresciuta a pane e film di Rita Pavone, che amava giocare con le bambole ma anche aiutare il papà nei campi, confessa di essere «figlia dello stereotipo». Oggi, a 36 anni, è una delle 400 donne arruolate da «Valore D» che girano le scuole per raccontare la loro storia e diventare d'ispirazione alle ragazze. La guardano stupite quando arriva con il modellino di cuore in mano e spiega quello che fa. L'ingegnere biomedico non è una professione nuova, ma di recente sta vivendo un nuovo appeal. Unisce due mondi, quello tecnologico e quello sanitario, dalla progettazione di «medical device», come le protesi, alla realizzazione di macchinari per la diagnostica come Tac o risonanze magnetiche, tanto per fare un esempio. «Quando parlo con le ragazze la mia sensazione è che siano già programmate, col futuro già fatto. Vedo che manca la forza di sognare. Non so da dove parta». Lei racconta la sua storia che comincia in un paesino della provincia di Torino. Genitori agricoltori e l'atavica consapevolezza che dopo la terza media bisogna andare a lavorare. Impara il mestiere e vai.

«Nella testa dei miei non c'era l'idea del liceo, così come non c'era l'ascolto della musica classica oppure la lettura di un libro». Dal laboratorio del dentista alla scuola per odontotecnici il passo è breve. Ma non la strada. Si iscrive a Torino, 40 chilometri da casa. Ogni mattina si alza alle 4,30 per andare a scuola e torna a casa alle 7 di sera.

È l'unica ragazza della sua classe ad essere diventata odontotecnico. Le altre hanno concluso la scuola, ma sono finite a lavorare come assistenti alla poltrona in qualche studio dentistico. Nel frattempo sogna di fare di più e si iscrive a Ingegneria Biomedica. Il resto è il presente.

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