Politica

Speciale chiede 5 milioni di danni al governo

Cinque milioni di euro di danni e l’annullamento del decreto con il quale è stato rimosso dal comando della Guardia di finanza. Come annunciato, Roberto Speciale ha presentato ricorso al Tar e ha impugnato il decreto del Consiglio dei ministri, già bacchettato dalla Corte dei conti, con il quale è stato mandato a casa, dopo le aspre polemiche con il vice ministro Vincenzo Visco. Il generale ritiene che la propria rimozione sia lesiva «non tanto e non solo dal punto di vista economico-professionale, quanto sotto l’aspetto dell’immagine, della dignità e dell’onorabilità professionale». Speciale ricostruisce quindi quanto accaduto. «La vera finalità che vi è dietro l’implicita revoca - si legge nel ricorso - è di sostituire un soggetto di diversa nomina politica e politicamente, questo sì, non complice». Ecco spiegata la sostituzione che aveva tra i suoi motivi, «non certo la nomina» di un nuovo comandante, quanto «l’azzeramento totale di quel vertice della Gdf che era costato la perdita delle deleghe al viceministro» Visco. Insomma per i difensori del generale, gli avvocati Filippo Satta, Gianluca Esposito e Anna Romano, siamo di fronte a un vero e proprio «atto politico». A dimostrarlo una serie di fatti ormai cristallizzati. «Il ministro accusa di slealtà e di una gestione personalistica della Gdf lo stesso soggetto - prosegue il ricorso - in favore del quale ha disposto, in contemporanea, la nomina di consigliere della Corte dei conti. Allora, delle due l’una: o la funzione giurisdizionale svolta dalla Corte dei conti non ha goduto di alcuna considerazione, o l’accusa di slealtà e le altre accuse mosse sono destituite di qualsiasi fondamento». Si ricorda infatti che proprio i giudici contabili hanno esposto formali rilievi alla presidenza del Consiglio visto che la rimozione di Speciale non è stata mai motivata. Non solo. Nei mesi tra la nomina del governo Prodi e la rimozione di Speciale non sono mai intervenute pubbliche o ufficiali critiche all’operato del comandante. «Sia il governo che il ministro in carica, dopo il loro insediamento, hanno confermato il generale Speciale nelle funzioni di comandante generale della Guardia di finanza». Vi sono state quindi espressioni di apprezzamento per l’operato delle Fiamme gialle pronunciate da diversi esponenti di governo. A iniziare dallo stesso Visco. Del resto secondo il ricorrente la rimozione è illegittima, in quanto «non ricorre alcuno dei presupposti di legge per la cessazione dal servizio». In altre parole, la mancanza di una giustificazione plausibile apre la strada a un’altra interpretazione. Ovvero la rimozione dall’incarico «si appalesa coma sanzione disciplinare», violando quindi i «fondamentali principi sul procedimento, sul contraddittorio e sul diritto di difesa».

Sull’iniziativa interviene il ministro Antonio Di Pietro, che difende Speciale: «Il ricorso al Tar del generale è un gesto da rispettare, non solo perché rientra nei suoi diritti ma anche perché tutela l’immagine del corpo della Gdf, per il cui rispetto egli si è battuto, oltre che quella personale».

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