La clinica killer dove le ossessioni diventano orrore

Una casa di cura per disagi psichici, sette pazienti reclusi. E tanta paura

La clinica killer dove le ossessioni diventano orrore

Che cosa sareste disposti a fare per eliminare le vostre dipendenze? Fino a dove vi spingereste? E se qualcuno avesse trovato una terapia capace di curarvi, l'accettereste? Lo scrittore Paolo Roversi ha scelto un tema diabolicamente forte per avvincere i lettori con il suo nuovo thriller Addicted (SEM, pagg. 189, euro 16) che convince per ritmo e storia e che è già stato opzionato per diventare un film le cui riprese inizieranno in primavera, con un cast internazionale. Il libro gioca tutte le sue carte intorno ai segreti che ognuno dei protagonisti vorrebbe celare agli altri e mescola tecniche narrative che rendono il romanzo un ibrido fra il thriller psicologico, quello action e quello clinical. Potrebbe sembrare un incrocio fra La psichiatra di Wulf Dorn e il film Saw di James Wan, con un pizzico di quelle atmosfere che rimandano a certi noir nordici come Uomini che odiano le donne di Stieg Larsson e ai medical thriller di Robin Cook alla Coma profondo.

La psichiatra Rebecca Stark non si sarebbe mai aspettata che la sua sensazionale cura nel guarire i pazienti dalle loro ossessioni potesse scatenare tutto ciò che racconta Paolo Roversi nel suo romanzo. Il metodo Stark viene infatti sposato dal magnate russo Grigory Ivanov, il quale decide di finanziare la clinica Sunrise che diffonderà quei sistemi in altri centri sparsi nel mondo destinati a combattere le varie dipendenze che minano la personalità dei pazienti. Il progetto viene lanciato mediaticamente con una martellante campagna pubblicitaria. Il primo centro in cui si applica il metodo Stark è in Puglia, diretto in prima persona dalla psichiatra, e sorge in una masseria immersa in un meraviglioso paesaggio, molto isolato. È un luogo splendido dove essere curati, ma da cui è impossibile scappare... Qui, in una situazione che ricorda molto uno show come il Grande Fratello, decidono di farsi curare e di vivere sette persone molto diverse fra loro: Lena Weber, ossessionata dalla perfezione fisica; Jian Chow, web designer e hacker voyeur; Rosa Bernasconi, una ragazza tecno dipendente; Claudio Carrara, giocatore d'azzardo compulsivo; Julie Arnaud, manager ninfomane; Tim Parker, trader cocainomane; Jessica De Groot, autolesionista. Sono convinti di aver vinto una selezione che regalerà loro una terapia speciale. Ma in realtà poco alla volta alcuni di loro inizieranno a sparire in un gioco al massacro simile a quello di certi film slasher americani, dove un maniaco omicida miete le sue vittime.

Roversi è molto abile a raccontarci le psicologie dei sette reclusi che diventano vittime e bersagli e a spiegare come si sviluppano certe ossessioni-patologie da cui per qualcuno è quasi impossibile uscire totalmente. Perché queste dipendenze, da un lato limitano le persone che ne sono colpite, e dall'altro formano anche il carattere e la psicologia dei reclusi al Sunrise. Ed è molto vero, come pensa la dottoressa Stark, che spesso l'apparenza inganna. Specialmente quando si ha a che fare con malattie come quelle di cui si occupava il suo studio, perché ogni paziente diventa un abile impostore e fa della menzogna un'arte per tener nascosta la propria ossessione agli altri. Quindi dopo un po' sorgerà spontaneo nel lettore chiedersi se i pazienti chiusi nella masseria sono cavie da laboratorio soggette a un esperimento che è sfuggito di mano a qualcuno oppure soltanto dei potenziali assassini ai quali la terapia ha regalato una speciale occasione per scatenarsi.

Di sicuro i lettori dopo aver letto questo libro staranno molto più attenti alla loro privacy e ci penseranno attentamente prima di sottoporsi a terapie che possono risultare pericolose. Perché cercare di guarire da certe dipendenze può produrre terribili effetti collaterali, morte compresa.

Nessun luogo può essere davvero sicuro e bisognerebbe tenere alta la propria soglia di attenzione davanti a cliniche come la Sunrise che promettono false cure e falsi paradisi sostenendo che fra le loro mura «si regalano speranze e si realizzano piccoli miracoli!».

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