I salotti buoni della sinistra ora vogliono Rai1. E Leone punta in alto

E va be', è vero, questo Festival è stato un successo, di musica, di spettacolo, di ascolti, di coppia di presentatori (Fazio ma soprattutto la Littizzetto, brava come non mai). E, nonostante qualche pecca grave (Crozza contestato per l'imitazione di Berlusconi e Bisio giù di tono), i risultati sono positivi. Conti in ordine: i ricavi della pubblicità pareggiano più o meno i costi: circa 18 milioni di euro, dei quali circa 11 per le spese vive e 7 per la convenzione con il Comune di Sanremo. Ascolti ottimi: i più alti dal 2000 come numero di spettatori con il 53,8 per cento di share nella finale e il 47,2 di media di tutte e cinque le serate. Mezza Italia, insomma, chiusa in casa a seguire le canzonette.
Ma tutto ciò non si ferma sulla riviera ligure: perché Sanremo è sempre un banco di prova per la Rai. E ancor più ora che siamo prossimi alle elezioni, solitamente foriere di cambiamenti all'interno dell'azienda. Nello scacchiere di viale Mazzini i vincitori sono indubbiamente due: dal lato artisti Fabio Fazio e da quello della stanza dei bottoni il direttore di Raiuno Giancarlo Leone. Il primo, dopo anni di «confinamento» su Raitre (un esilio dorato a due milioni di euro l'anno), si conquista la possibilità di tornare sul primo canale, o rifacendo Sanremo il prossimo anno oppure con un altro show (magari un Vieni via con me, ma ovviamente in chiave diversa). Il presentatore fa parte di quella cerchia del salotto buono della sinistra (di cui gran parte degli adepti, dagli ospiti ai giurati, si è vista sul palco dell'Ariston in questi giorni) che da tempo attende di riprendersi il posto al sole - e cioè maggiore spazio sulla rete ammiraglia - che spetta ai più «bravi» dopo anni di «buio berlusconiano» (a loro giudizio, ovviamente).
Leone, da pochi mesi direttore di Raiuno, continua invece la sua lunga marcia dentro l'azienda, dove ha già ricoperto praticamente tutte le cariche più importanti. Tutte tranne una: la direzione generale. Benché il successo del Festival lo debba condividere con l'attuale direttore generale Luigi Gubitosi e con il presidente Anna Maria Tarantola, è una medaglia che si può appuntare al petto: tanti direttori generali e presidenti passano, lui no, lui è un pezzo dell'azienda. Chissà poi cosa accadrà dopo il risultato elettorale. Molto dipenderà, ovviamente, dalla forza parlamentare che otterranno le liste che sostengono Monti, del quale l'attuale dirigenza è espressione diretta. Un'eventuale alleanza fra il centro montiano e la sinistra sarebbe già rispecchiata in azienda dall'asse Gubitosi-Leone. Ma chissà mai, si vocifera già nei corridoi, che il primo in futuro non venga chiamato a ricoprire incarichi prestigiosi in altre aziende di Stato...
Intanto mercoledì si terrà l'ultimo consiglio di amministrazione prima delle elezioni. E in quella sede potrebbe essere portata a termine l'opera di «de-berlusconizzazione» della Rai, cominciata con l'arrivo della coppia Gubitosi-Tarantola e proseguita con il cambio dei direttori delle tre reti principali e dei telegiornali: poltrone che sono quasi tutte andate, da Leone a Orfeo a Vianello, a uomini vicini al centro-sinistra. Mercoledì potrebbero arrivare le nomine di nuovi vice direttori: per Raiuno le candidate sono Roberta Enni per il palinsesto e marketing, e Rosanna Pastore (proveniente da Raitre) per la pianificazione economica e mezzi.

Del precedente parterre di vice direttori si salverebbero quasi tutti (con ridistribuzione delle deleghe), tranne (e non a caso) il pidiellino Gianvito Lomaglio. Ma forse il cda, dopo vari rinvii, anche stavolta deciderà di aspettare il responso delle urne. E allora, forse lo scenario potrebbe essere ridisegnato.

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