Sanremo 2013

Mengoni: "Io, snobbato, ce l'ho fatta contro i razzisti musicali"

Il trionfatore si sfoga: "C'è una sorta di Ku Klux Klan contro il pop di “X Factor” e “Amici”. Me ne frego. Contestarono pure Tenco"

Mengoni: "Io, snobbato, ce l'ho fatta contro i razzisti musicali"

Sanremo - Appena un filo di voce, praticamente è esausto. «Ho dormito non più di un quarto d'ora», ride. Per Marco Mengoni, nato nel viterbese 25 anni fa nel giorno di Natale, è naturalmente la realizzazione di un sogno. E soprattutto una riscossa. Marco Mengoni ha vinto il Festival e fatto perdere il luogo comune sui talent show «produttori di cantanti semilavorati». Lui era venuto qui nel 2010 dopo la vittoria a X Factor (edizione Rai) ed era tornato a casa con il secondo posto. Adesso con il primo e, per di più, anche il benestare della giuria di qualità. Bingo.
Dopotutto, caro Mengoni, qualcuno era scettico quando ha ascoltato i suoi brani in gara.
«Eh lo so. Ma io ne ero sicuro».
E poi s'è visto sul palco.
«Per me è stato un Festival di felicità, di libertà e di inconsapevolezza».
Scusi?
«Sì non ho patito la gara neanche per un secondo. Qui al Festival ero così sereno che mi sono sentito come fossi in pigiama sul divano di casa».
Forse il punto di svolta è stata la sua interpretazione di Ciao amore ciao di Luigi Tenco nel Sanremo Story del venerdì.
«Ho scelto quella canzone d'istinto anche se non conoscevo esattamente la storia di Tenco per filo e per segno (e non mi vergogno a dirlo). Poi mi sono documentato e ho rivisto anche la perfomance che di quel brano aveva fatto Dalida nel 1971. Un'emozione pazzesca. Ma non l'ho scelta solo per la bellezza in sé della canzone».
E per che cosa?
«Perché al Festival del 1967 quel brano fu ritenuto inadatto e poco sanremese. Contro di lui ci fu un pregiudizio inaccettabile per chi dovrebbe intendersi di musica e di arte».
Ossia?
«Bocciare un brano solo perché considerato di nicchia. Fu una dimostrazione di razzismo contro la musica».
A proposito.
«Senza far paragoni, anche i cantanti che escono dai talent show spesso sono oggetto di razzismo. E subiscono ingiustizie non tanto nei loro confronti ma nei confronti del pop. In fondo le canzoni di musica leggera devono essere giudicate dal popolo, l'unico che può farlo».
Spesso la critica musicale e i fan più integralisti pensano il contrario.
«Mi sembra che abbiano scoperto un peccato originale che non esiste. Da quando sono conosciuto, tanti, tantissimi cantanti giovanissimi vengono da me e mi chiedono: come posso farmi conoscere. E io che cosa rispondo loro: spedite il vostro materiale a una casa discografica?».
Perché no?
«Perché c'è molta crisi, si sono attenuate molte possibilità di investimento e di ricerca. Per moltissimi la tv non è neanche l'ultima possibilità per farsi conoscere. È proprio l'unica. È un modo nuovo per entrare in questo mondo, tutto qui».
Ma i pregiudizi fanno fatica ad affievolirsi.
«E vabbé, chi vuol continuare a far parte del Ku Klux Klan anti talent show continui a pure. Ma sono sempre meno, per fortuna».
Forse la vittoria di Mengoni aiuta a ridurre il numero.
«Questa vittoria è merito di tantissime cose, di tante scelte, di molti sacrifici».
È anche merito di Morgan, che lo consigliò durante X Factor?
«Il merito è soprattutto della mia squadra e delle persone creative che mi stanno accompagnando».
Adesso si riposerà un po'?
«Ma non ci penso neppure. Lunedì mattina sarò già in studio di registrazione per lavorare. Io in fondo sono uno stakanovista fino al midollo.

E sono contento di esserlo».

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