l’intervento

C’è un luogo comune ricorrente che vede le case discografiche come intermediari inutili nelle nuove dinamiche della musica e soprattutto ormai non più capaci di fare ricerca e sviluppo (A&R). Anzi, proprio a questa funzione avrebbero abdicato scegliendo per lo più la scorciatoia dei talent. La realtà è molto diversa e sia major che indie restano ancora determinanti nel panorama della musica tanto che un recente sondaggio tra band emergenti tenutosi nel 2011 in Usa ha rivelato che il 75% degli artisti vorrebbe «firmare» con una major. Il modello del tradizionale A&R è cambiato ma per una casa discografica l'imperativo rimane quello di sviluppare nuovi talenti. Questo è vero in tutto il mondo e anche in Italia. Se guardiamo in superficie magari vediamo tra i nuovi artisti molti ragazzi che provengono dai talent show ma questo è in realtà la punta di un iceberg che gode di una efficace spinta dalla tv, ma dietro questa onda le aziende e i creativi lavorano su decine di band ed artisti che ogni giorno propongono al pubblico anche con altri canali. Oggi il ruolo svolto dalle case discografiche è quello investitori in musica e nel talento. Esse contribuiscono all’attività e al sostentamento economico degli artisti, così come allo sviluppo dell’intero settore musicale e del sistema economico nel suo complesso. Tale contributo assume principalmente la forma di un investimento di natura finanziaria, ma si sostanzia anche in un intervento nei processi creativi, in una collaborazione sul piano umano e nelle competenze specifiche attraverso cui le etichette aiutano gli artisti ad avere successo, a costruirsi un proprio «marchio» riconoscibile e a guadagnarsi da vivere con la propria musica. Nessun soggetto che non sia una casa discografica sceglie di rischiare anche grosse somme su un progetto artistico, soprattutto in un settore senza finanziamenti pubblici o crediti fiscali. E allo stesso tempo vale la pena di sfatate un altro mito, quello che sostiene che nell’era digitale gli artisti non abbiano più bisogno delle case discografiche. Solo una piccola minoranza di artisti – artisti per lo più molto popolari e di lungo corso – ottiene successo percorrendo questa strada incentrata sul «fai da te», e merita tutta la fortuna possibile. Per la grande maggioranza, però, le cose stanno in un altro modo: la verità è che, in generale, agli artisti viene molto più utile poter contare su un contratto discografico in grado di garantire loro l’appoggio finanziario e l’aiuto specialistico che solo un’etichetta indie o una major possono assicurare. Le case discografiche svolgono la loro attività imprenditoriale attivando un circolo virtuoso di investimenti, che permette di destinare agli artisti di domani i ricavi generati dalle fruttuose collaborazioni con gli artisti di oggi. Le imprese sono così in grado di mantenere in vita elenchi artistici molto ampi e di fornire anticipi finanziari ad una vasta comunità di artisti, molti dei quali non sono destinati a raggiungere il successo commerciale.

Gran parte di tale valore aggiunto risulta invisibile al mondo esterno: eppure sono proprio gli investimenti delle case discografiche a permettere agli artisti di intraprendere e proseguire carriere che, a loro volta, generano enormi ripercussioni in tutto il settore musicale e nel sistema economico generale.
Presidente Fimi (Federazione industria musicale italiana)

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