Non vorremmo trovarci nei panni del tenore Jonas Kaufmann, il magnifico cantante tedesco che sarà protagonista di Lohengrin, l'opera romantica di Richard Wagner scelta per aprire, il 7 dicembre, la stagione del Teatro alla Scala, che celebrerà il bicentenario della nascita di Verdi e Wagner. E il perché sarà detto più avanti.
Riepiloghiamo: Lohengrin è un cavaliere errante che giunge dal reame incantato di Monsalvato per soccorrere la principessa Elsa di Brabante, accusata di aver rapito e ucciso il proprio fratello per usurparne il trono. Epoca e luogo d'azione: il nono secolo dopo Cristo sulle rive della Schelda. Alle accuse violente del conte Telramondo, Elsa risponde invocando l'aiuto di un misterioso cavaliere apparsole in sogno. Si invoca allora il «giudizio di Dio», e il cavaliere-difensore giunge su una navicella guidata da un cigno. Alla fine dell'opera, quando il misterioso Lohengrin ha dovuto rivelare donde veniva, il cigno si trasforma nello scomparso Goffredo di Brabante, fratello di Elsa.
Non bisogna essere Ludwig II di Baviera, gran protettore di Wagner, o Adolf Hitler, gran protettore della famiglia Wagner identificatosi nel cavaliere e nel cigno, per capire la pregnanza simbolica del candido volatile. Ciò premesso, il regista dello spettacolo scaligero, Klaus Guth, ha annunciato in un'intervista a Classic Voice la soppressione del cigno, da lui considerato «poco importante». Inoltre, Guth ha spiegato di voler spostare l'azione dal Medioevo al tempo di Wagner, in quanto culla del sistema capitalistico-finanziario-politico in cui oggi siamo immersi. Scontati quindi i «parallelismi» con la nostra epoca. «Attualizzare» è una scelta innovativa? In realtà ci avevano già pensato quasi quarant'anni fa Patrice Chérau e Pierre Boulez per il famoso Ring a Bayreuth, a sua volta ispirato alla lettura metaforica di George Bernard Shaw.
Torniamo all'ingresso in scena di Lohengrin. Per prima cosa il cavaliere ringrazia il «caro cigno».
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