«Il mio miracolo del sabato: la Storia che resiste ai divetti»

«Il mio miracolo del sabato: la Storia che resiste ai divetti»

Come un sopravvissuto in una riserva indiana. Ma che vende cara la pelle. Questo è l’effetto che fa Alberto Angela, al sabato sera su Raitre. Da una parte i divi ballerini di Milly Carlucci; dall’altra le star canterine di Maria De Filippi. E in mezzo lui. Che - lungi dall’accusare una simile concorrenza, schiacciante per chiunque altro - contrasta piroette e vocalizzi a furia di storia, scienza, archeologia. E col suo Ulisse totalizza un miracoloso 10 per cento di share.
Scusi, Angela: come ci riesce?
«Con la serietà, l’impegno, l’esperienza, la fantasia. E forse, se permette, anche con un po’ di talento».
Continuando imperterrito a proporre cultura e scienza (sia pure in forma divulgativa) mentre tutti gli altri si buttano su seni e sederi, si sente più un missionario o un miracolato?
«Mi sento un giornalaio. Nel senso di edicolante. In un’edicola c’è e dev’esserci di tutto, no? Seni, sederi, cultura, scienza... Poi ognuno compera quello che vuole».
Che pubblico è quello che, al sabato sera, invece di divagarsi coi lustrini del varietà, s’impegna a seguire la storia della distruzione di Pompei, o la mappatura del genoma umano?
«Un pubblico che sarebbe da premiare solo per questo. Perché, dopo un’intera settimana di grattacapi e affanni, ha ancora voglia di far lavorare il cervello. Ma che il suo premio - evidentemente - lo riceve già col programma. Altrimenti non lo seguirebbe tanto numeroso».
Facciamo l'identikit, allora.
«Lo spettatore-tipo di Ulisse vive soprattutto al Nord-Est, vanta una cultura media, appartiene ad entrambi i sessi. Ultimamente credo aumentino i “convertiti“: quelli che abbandonano, cioè, gli altri programmi, soprattutto gli assidui dello zapping. Che capitando su Ulisse, si fanno attrarre dalla varietà dei temi trattati e dall’eleganza della fattura».
Quali i temi che tirano di più?
«La storia. Di qualsiasi periodo o paese. Se presentata, però, nel modo che ci è proprio: con varietà di approcci e curiosità. Parlando di Ramesse II, ad esempio, lo definiamo “il primo faraone che abbia viaggiato in aereo“. Perché quando nel 1978 la sua mummia fu trasportata a Parigi, gli egiziani pretesero venisse accolta cogli onori destinati ad un capo di stato. Picchetto militare all’aeroporto, e sui documenti la dicitura “salma di sovrano deceduto“».
La messa in onda di Ulisse (cui bisogna associare quelle di Superquark e Passaggio a Nord-Ovest, ancora più lunghe) dura ormai da dodici anni. E la Rai? Si mantiene fedele?
«Con questi risultati, si mantiene fedele. Anche in una tv in cui tutto muta, a noi non ha mai chiesto cambiamenti, adeguamenti. Evidentemente la formula funziona. Come dodici anni fa».
Al punto da aver spinto a imitazioni: tempo fa con Alessandro Cecchi Paone, e recentemente col Roberto Giacobbo di «Voyager». Come fate a non farvi soppiantare?
«Io sono un oste che può parlare solo del proprio vino. Questo produco, questo vendo. Ma esistono tanti vini diversi. Ed è un bene sia così: ognuno può bere quello che gli pare il migliore».
Si faccia lo spot, allora.

Perché al sabato sera bisognerebbe sintonizzarsi su Ulisse?
«Per sedersi comodi e fare in un’ora e mezza (il tempo di una partita di calcio) un viaggio speciale fin dentro alle cose più affascinanti e uniche della nostra realtà».

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