Nella politica dei nostri giorni ci vuole meno arroganza

Laura Tecce

Uno dei peccati più detestabili che inquinano l'animo umano e - inevitabilmente - ne condizionano l'azione è quello che gli antichi greci chiamavano hybris: superbia e arroganza spinta fino all'eccesso in un crescendo di delirio narcisistico. I veti e le imposizioni irricevibili posti da Luigi Di Maio mostrano chiaramente quanto possano essere dannosi i parvenu, quanto la loro mancanza di savoir faire istituzionale denoti un'incompetenza politica sconcertante. Dove per competenza si intende al contrario la capacità di mediare, di costruire, di fare le scelte migliori nell'interesse del Paese. Tale è la bramosia di impossessarsi del Potere che spesso si perde di vista la Politica, che è principalmente visione, culturale e valoriale in primis, ed è l'antitesi del trasversalismo grillino, aperto a qualunque alleanza possibile: per gli ex duri e puri pentastellati, Pd o Lega pari sono, senza la minima considerazione del fatto che esse sono due forze opposte, con Weltanschauung opposte. Bene hanno fatto Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti a ribadire che non intendono macchiarsi di tradimento nei confronti dell'alleato Berlusconi ma soprattutto verso gli elettori che hanno dato loro il mandato di portare avanti un programma di centrodestra. Bene fanno a voler salvaguardare un patrimonio valoriale e identitario non negoziabile, in cui necessariamente dovranno trovare spazio azioni che valorizzino le menti migliori che sappiano creare un sistema, una rete, una narrazione. Affrancandosi finalmente dagli immeritati complessi d'inferiorità nei confronti dell'egemonia culturale di sinistra che hanno caratterizzato - occorre prenderne atto - le passate gestioni di un centrodestra miope. Alla struttura è ora che venga affiancata una sovrastruttura: la Lega in particolare ha saputo intercettare il sentiment e i bisogni del Paese, è necessario adesso tradurli in proposte concrete e in un racconto credibile.

È giusto che il Movimento 5 stelle, che pur è risultato vincente alle urne abbia ciò che gli spetta, ma se ne faccia una ragione il guappo di Pomigliano: gli dei non amano gli uomini che si macchiano di hybris e prima o poi li colpiscono con la nemesis, la vendetta.

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