"Esiste la convenzione, tra genitori e insegnanti, che si parli soltanto di didattica, di come i figli vanno a scuola. Ma quando la didattica è priva di umanità e di passione, diventa una grandissima noia", dice Gennaro Nunziante, regista barese classe '63 che è dietro ad alcuni dei più grandi successi al box-office degli ultimi quindici anni. Da Cado dalle nubi a Che bella giornata, da Sole a catinelle a Quo vado?, ovvero l'incasso più alto nella storia del cinema italiano, è lui l'abile inventore dello «zalonismo»: con Checco Zalone, del quale è amico, oltre che fidato regista, si è fatto conoscere dal grande pubblico. Naturale che la Disney pensasse a quest'autore per affidargli la sceneggiatura di Come diventare grandi nonostante i genitori (nelle sale), commedia per famiglie di Luca Lucini, con Margherita Buy e Giovanna Mezzogiorno e con i volti noti della serie tv Alex & Co. E dove la scuola sembra la tomba dello spirito, un posto dove non c'è posto per la musica. Ma poiché la vita scolastica, per gli adolescenti, è la sola vita che conti, ecco che ogni classe diventa una squadra e la vittoria consiste nel partecipare a una gara musicale. A dispetto di presidi ottusi; di padri che vorrebbero i figli calciatori a ogni costo, perché poi si diventa ricchi e di madri che ficcano il naso nelle mail dei pargoli.
Il suo film rimanda all'eccessiva intromissione dei genitori nella scuola: da padre di tre figli, c'è un'emergenza educativa, pensando anche al pestaggio dell'insegnante di Palermo da parte dei genitori di un alunno punito?
"Più che un'emergenza educativa, c'è una mancanza di educazione. La scuola ha abdicato al suo ruolo di educatrice, mentre tra genitori e professori si creano contenziosi. I genitori vogliono soltanto sapere come va il loro figlio e se si sentono dire che ha qualche lacuna, si offendono. Intanto, si è creata una scuola classista, dove materie come musica e letteratura vengono, sì, insegnate. Ma poi, nessuno studente compra un libro... C'è qualcosa che non va".
La scuola di massa ha tradito la scuola di cultura?
"Da 30 anni c'è lo scempio della scuola. I professori non riescono a fare gli educatori e, d'altra parte, l'accesso alla conoscenza è diventata un'emergenza. Esempio pratico: a scuola di mio figlio, quinta elementare, c'è stata una matinée teatrale. I biglietti costavano 15 euro: su 20 bambini, soltanto 5 sono potuti andare".
Ma non era "la buona scuola" di Renzi?
"Ci aspettiamo sempre che qualcuno faccia qualcosa. Ma io non voglio più demandare a nessuno la sorveglianza sociale delle nostre cose. Penso al film di De Sica Il Generale Della Rovere, con quella formidabile scena della fucilazione, dove il morituro dice: Io non c'entro. Non ho fatto niente. È questa la sua colpa, gli viene risposto. Ecco, per trent'anni abbiamo lasciato fare cose vergognose, come i concorsi ad hoc per un corpo docente non all'altezza. Anche sotto i governi di sinistra, continua ad esserci un classismo culturale deleterio".
Scrivere un film per famiglie non è scrivere un film per Checco Zalone: in cosa è diverso?
"Trovo sia impossibile cambiare il modulo. Si cambia il linguaggio. Con Luca (Luca Medici, il vero nome di Zalone, ndr) esiste un linguaggio doppio: il suo e il mio, quindi ne nasce una commedia legata al nostro stile. Qui, sempre di commedia si tratta, ma ci sono più personaggi. C'è una coralità. Anche Picasso, che ha sempre dipinto cose diverse, aveva lo stesso approccio a un tema di fondo. Io sono cattolico e credo che esista altro, oltre la piccola parentesi della nostra esistenza. Perciò guardo alle cose con distacco e ironia".
Che tipo di padre è?
"Ironico. Impacciato. Pieno di errori. Però porto tutto alla luce del sole. E sono molto chiaro nel procedere, non con la P di principiante, ma con la P di padre".
Il film è ispirato alla serie tv Disney di Alex & Co. Lei, che è partito come autore televisivo, trova che il miglior cinema lo faccia la tivù, oggi?
"In Italia si fanno soltanto film per la tivù, che passano al cinema per diletto. La finalità resta comunque la tivù.
Le serie televisive costano di più, mentre il cinema sta in piedi soltanto per l'assistenzialismo: non c'è più qualità, nessuno rischia un penny. Mentre negli altri paesi le serie tv si rinnovano anche secondo codici letterari innovativi".
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