Cultura e Spettacoli

"Studio, segreti, suspence, ecco la mia ricetta per il thriller perfetto"

Mentre il nuovo romanzo è già bestseller, lo scrittore americano svela i suoi trucchi

"Studio, segreti, suspence, ecco la mia ricetta per il thriller perfetto"

Il Diamond District di New York è da tempo un luogo esclusivo dove solo i ricchi e i gioiellieri gestiscono il grande mercato dei preziosi degli Stati Uniti. È qui che vengono trovati esanimi il tagliatore di diamanti Jatin Patel e una coppia di fidanzati. Qual è il vero piano architettato dal misterioso Promittente e come faranno Amelia Sachs e Lincoln Rhyme ad individuarlo? Questo è l'avvio dell'ultimo bestseller Il taglio di Dio (Rizzoli) di Jeffery Deaver che permette allo scrittore americano di proseguire una delle sue serie più fortunate: «Scrivere dei serial - spiega Deaver - ti permette di soddisfare i lettori perché amano passare il tempo con dei personaggi che amano già da tempo. La vera sfida per lo scrittore è creare una nuova storia davvero fresca da leggere».

A che età ha debuttato come scrittore?

«Ho deciso che volevo provare a scrivere un thriller all'età di 11 anni. Ma per scrivere un buon thriller mi ci è voluto molto più tempo. Ho dovuto studiare tutti i più famosi scrittori di suspense di quell'epoca per poter capire come dovevo muovermi. E solo a trent'anni anni mi sono sentito sicuro di poter scrivere un'opera di quel genere».

È vero che Il Signore degli Anelli le ha cambiato la vita? «Si. Il Signore degli Anelli è un capolavoro: non mi riferisco alla sua mitologia. In termini di struttura, racconto e costruzione dei personaggi è un libro splendido. Utilizzo ancora la struttura generale dell'opera di Tolkien per scrivere le mie storie oggi».

Crede che esista una formula segreta per poter scrivere un buon thriller?

«C'è una sola risposta alla sua domanda. Devi fare in modo che il lettore si chieda in ogni pagina cosa succederà dopo. E devi fare in modo che continui a porsi questa domanda per tutta la lettura. L'attenzione non deve mai cadere e bisogna fare in modo che il senso di meraviglia rimanga intatto».

Può descriverci il suo metodo di costruzione di un romanzo?

«Studio la stesura dei miei libri per circa otto mesi, facendo contemporaneamente un sacco di ricerche. Non mi metto a scrivere nulla fino a quando non so esattamente che tipo di storia sarà. E le mie bozze di lavorazione possono anche arrivare a superare le 150 pagine. Poi il libro si scrive da solo, mi bastano solo due mesi per comporlo, perché so dove sto andando».

Che effetto vuole creare con le sue storie?

«Direi lo stesso brivido che si prova salendo sulle montagne russe. Un mio libro dev'essere pieno di sorprese e cadute spericolate ma alla fine ci dev'essere di solito anche un happy ending in modo che i lettori siano soddisfatti fino in fondo dell'esperienza che hanno provato».

Perché crede che Lincoln Rhyme sia il suo personaggio più seguito?

«Penso che sia perché Rhyme può risolvere un crimine restando nella sua casa, senza spostarsi e semplicemente usando il suo cervello. Non ha bisogno né di una pistola veloce né di colpi di karate. Dopotutto, anche noi valiamo molto di più per i nostri cervelli piuttosto che per i nostri corpi».

Quante ricerche ha fatto per costruire Il taglio di dio?

«Diciamo che è uno dei miei classici e ho usato lo stesso schema che ho applicato per i precedenti. La mia fidanzata però questa volta si è arrabbiata perché non mi sono portato a casa dei diamanti durante le ricerche. Ho letto tutti libri di Fleming di James Bond sul mondo dei diamanti, oltre a un'altra tonnellata di libri. Ma ho passato anche molto tempo nel Diamond District di New York City».

Che ruolo ha la musica nei suoi libri?

«Di tanto in tanto mi piace parlare di musica nelle mie storie perché la amo. E spesso strutturo i miei discorsi esattamente come è strutturata una sinfonia. Alternando movimenti veloci e lenti, poi portando ad un crescendo, poi aggiungendo una coda morbida alla fine. I miei libri sono sicuramente ispirati nel loro andamento alle composizioni di Beethoven».

Scrivere è un po' come cucinare...

«Ho parlato spesso di questo argomento assieme al mio amico Giorgio Faletti. Ed entrambi eravamo d'accordo sul fatto che agli ospiti bisogna preparare un pasto meraviglioso, con il cibo che amano e il vino che amano. Dobbiamo creare libri nello stesso modo, tenendo sempre a mente ciò che piace ai lettori. Lavoriamo in cucina in modo che i nostri lettori abbiano una festa per i loro occhi e per i loro cuori».

Che consigli darebbe ai giovani scrittori?

«Pianificate sempre in anticipo i vostri libri. Una volta finiti, riscriveteli fino a quando non sono perfetti.

E, cosa più importante, non mollate mai! Il rifiuto di un romanzo è semplicemente uno speedbump (un urto legato alla velocità) non è un muro di mattoni che non si può superare».

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