Sport

Lo spettacolo delle eterne duellanti

La Vezzali si vendica e ribalta la finale dell’anno scorso: «Non potevo perdere nella città degli zar»

Lo spettacolo delle eterne duellanti

L’urlo, gli occhi di tigre, perfino le lacrime sul viso. Valentina Vezzali ha riesumato tutto il suo corredo da sposa della scherma: madama felicità dentro quell’abito bianco, bardatura della combattente, faccia tesa e indurita forse dall’età (sono 33 anni), certo dalle tensioni che sono i segnali del suo livello di guardia: nel bene e nel male. Valentina che scodella la solita doppia «v», anzi tripla (Valentina Vezzali vincente) di chi vince e quasi mai sa perdere. E chiude la storia con una battuta: «Non potevo perdere nella città dello zar. Eppoi mio figlio si chiama Pietro». E leggi San Pietroburgo, appunto.
Valentina e le altre, cioè sempre le nostre azzurre. Il mondiale di scherma regala imprese già viste, sensazioni già provate. Valentina e le ragazze d’Italia del fioretto sono tornate a sventolare fascino e bravura, digrignante ostilità e perseverante ricerca del successo. Ancora in tre in vetta al mondo, come l’anno scorso a Torino: Giovanna Trillini la più anziana, miscela di classe e tenacia, al terzo gradino. Le altre due (Vezzali e Granbassi) si sono date il cambio. La Trillini ha celebrato il settimo podio in 17 anni sulla pedana, quasi un record, 37 anni portati con il garbo e un eterno sorriso sulle labbra. Le altre due, invece, sono dominate dal rodimento delle primedonne: sei tu, no sono io.
Vezzali regina di una pedana che non vuol mollare a nessuno: con questo, sono cinque ori mondiali individuali, oltre ai due olimpici. Nessuno è mai salito tante volte sul podio: nove volte senza distinzione di medaglia. Granbassi regina delle copertine e delle sfilate di bellezza, che voleva mostrare di non esser una regina (della scherma) solo per caso. L’anno scorso, a Torino, vinse lei e tutti quelli che ne fecero una ragazza da spot. La Vezzali stava sul podio con il muso duro, il grugno inferocito, l’aria di chi non sa mai perdere. C’era il suo bambino in platea. Chissà che brutta foto ricordo di una mamma così... Meglio incorniciare quest’altra foto.
Ieri Valentina ha rispolverato il meglio di se stessa sulla pedana, ha ricordato a tutti (una volta la scherma era uno sport di globale nobiltà) che l’anno scorso stava male. Esattamente come ha fatto quest’anno Margherita Granbassi, 28 anni e tanta voglia di emergere. «Ci siamo urlate addosso di tutto», ha raccontato dopo la finale in cui la Vezzali ha riscoperto il suo dominio e lei ha annusato errori arbitrali. C’è voluta la moviola per decidere due affondo che poi sono stati quelli decisivi. Podio azzurro, ma con le nubi di chi si lamenta. «Quest’anno stavo peggio di Valentina l’anno passato, ma bisogna saper perdere e vincere», ha detto Margherita. Ultima stoccata per chi vuol intendere, dopo una giornata in cui la Vezzali ha vinto tre derby: con la Salvatori, la Trillini e appunto la Granbassi. Azzurro sollievo perchè quattro italiane si sono affacciate ai quarti di finale, segnale di una squadra che ha dentro di se il Dna delle campionesse, in un mondo dove forse ce ne sono poche. Meglio così, meglio vincere senza pensare se è un gran mondo o un piccolo mondo. E’ un mondo di tigri e le più feroci sono italiane. Almeno in questo Valentina Vezzali gioca sempre a viso aperto, che poi è il titolo della sua autobiografia. Ora manca l’ultimo capitolo: la Cina è il mondo delle tigri e la Vezzali può essere il nostro balsamo.

Di tigre.

Commenti