Arese, vita di corsa tra cento campioni

La storia di una generazione di mezzofondisti cominciata con il suo record

Arese, vita di corsa tra cento campioni

Due ore nell'incanto prima di capire che davvero ci eravamo tanto amati e la presentazione del libro di Franco Arese, scritto così bene da Gianni Romeo, Franco Fava e Fabio Monti, era soltanto una scusa per dimenticare l'infelicità dei tempi. Lo abbiamo capito mentre la vecchia famiglia dell'atletica danzava felice nell'isola che davvero c'è stata per questo sport in Italia leggendo ogni sguardo per una festa che aveva sapori antichi e sfogliando ogni pagina di questo bellissimo "Divieto di sosta", storia e vita di un campione e del suo mondo. Un libro che nasce nel cuore della rivista Correre su un progetto di un bell'atleta e di un geniale pubblicitario come Marco Sbernadori che insieme ad Antonio Brazzit ha voluto regalare allo sport italiano qualcosa di più di un bella storia su un personaggio che è stato campione davvero, in pista e fuori, primatista italiano dagli 800 ai 10mila metri, presidente federale lasciando tanti rimpianti.

Momenti dove ricordare non faceva venire il magone, sapendo bene che l'incompetenza, più dell'invidia, ruppe quell'incantesimo. Vietato girarsi indietro, ma come si poteva se nella piramide degli affetti hai ritrovato tutti quelli che ci hanno dato brivido e che per onorare l'amico, il rivale sono arrivati da ogni parte: Fiasconaro, l'uomo dei sogni per un mondiale all'Arena, dal Sudafrica, andata e ritorno con sette ore di attesa a Dubai, Lasse Viren, il finlandese del doppio oro olimpico fra Monaco '72 e Montreal'76 dall'Argentina, Pekka Vasala che non avendo dimenticato il campione europeo di Helsinki 1971 sui 1500, gli ha riportato le scarpette che Franco aveva regalato al giovane rivale ad Oslo. Amici per sempre e sulla copertina di questo libro che costa 18 euro, ma ne vale 18 mila, si sono unite le mani dell'Italia che aveva reso bellssima l'atletica. C'erano tutti e chi non ha potuto brindare alla prima edizione se lo farà raccontare da grandissimi come Berruti, Ottolina, Renato Dionisi, Beppe Gentile, Venanzio Ortis, Panetta, Grippo, gli antichi rivali Del Buono e Finelli, Cindolo che si vide portare via il record italiano dei 10.000 nello spazio di mezz'ora: lui a Viareggio, Franco a Varsavia. Era il primo maggio 1971, anno benedetto per un campione che ritrovate nel libro così come lo ha presentato bene Ormezzano nella prefazione, così come ce lo ha raccontato Gianni Romeo prima di passare il testimone a Franco Fava che col campione di Centallo ha camminato nel mondo imparando bene, per vivere, per scrivere, per sognare, prima di lasciare la chiusura alla passione per la ricerca di Fabio Monti nato nella grande atletica di suo padre Carlino, velocista da podio olimpico con la staffetta.

Questo libro andrebbe letto soltanto per quello che ci ricorda Fava quando parla della trasferta oltre oceano dove Oscar Barletta, il grande etrusco, accompagnò Arese alla scoperta dell'America con lo stesso affetto del Tino Bianco che è stato così importante per il destino di un vero cavaliere: «A France' sai che sei un fenomeno. Sono due settimane che stiamo insieme e non ti ho mai sentito dire sono stanco, nessuna lamentela per il mangiare». «A Barle' - rispose Franco -, lei crede, dopo tanta vita nello sport, che un atleta possa agitarsi alla prima contrarietà.

Se proprio vuole sapere soffro il caldo, mi disgusta la cipolla che qui mettono nell'insalata, non mi piace la pasta scotta e non mi piacciono le piste con fondo in cenere, mi pesa il fuso orario e tutto il resto, ma quando è in ballo il mio prestigio di atleta mi va tutto bene e quello che non mi piace passa in secondo piano».

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