Inter-Napoli è il classico bivio dinanzi al quale ci si ritrova dopo una serie di curve a gomito. Di qua c'è la strada per il futuro degli spallettiani e il presente dei sarriani, i primi reduci da una striscia non molto convincente, gli altri addirittura da un fuori pista clamoroso che ha segnalato un evidente e ripetuto disagio. Di là invece c'è il salto nel buio per gli uni (a caccia del quarto posto) e gli altri, spinti a recuperare il primato virtuale ceduto alla Juve. L'Inter non sa comandare a San Siro: gli stenti patiti col Benevento ne sono una plastica dimostrazione. Ha accumulato più tossine che energie nuove a eccezione di Rafinha che sembra essere l'unica benzina in grado di riaccendere i motori di Icardi. Il Napoli non sa difendersi a casa sua dove patisce più del dovuto specie al cospetto di rivali che si rinchiudono allagando la propria metà-campo ma è uno schiacciasassi appena viaggia perché la velocità del palleggio e gli spazi lasciati sono gli strumenti con cui Sarri è capace di scassinare qualunque difesa.
Non è un caso che proprio nella sfida del girone d'andata, l'Inter toccò il punto più alto in materia di organizzazione riuscendo a inchiodare il famoso attacco azzurro sullo zero, evento straordinario per un trio dalle cifre da capogiro (62 reti, 20 in più degli interisti). Spalletti ha utilizzato il solito luogo comune: c'è bisogno della partita perfetta. Forse può bastare ripetere la prova di Napoli, del girone d'andata, lasciando al Napoli il governo del gioco e riducendo all'osso le ripartenze di Hamsik e soci. Certo, decisivi per l'Inter possono diventare i duelli uno contro uno specie in difesa e in particolare quello che contrappone Cancelo a Insigne sull'argine di destra.
Uno, l'interista, non ha l'istinto della sentinella, semmai l'abitudine ad abbandonare la garitta per avventurarsi in avanti; l'altro, il napoletano verace, rientra poche volte per lasciarsi alle spalle qualche zolla libera dove scatenare la sua velocità. Inter-Napoli può nascere ed esaltarsi lì.
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