Se quel santo e capace ragazzo di Vincenzo Montella ha perso la pazienza e ha pubblicamente scaricato Ljaijc, vuol dire molto semplicemente che il rapporto con Firenze e con la Fiorentina non si può più rammendare. E che la cessione, forse messa nel preventivo da tempo, è diventata ormai inevitabile. Lo sfogo del giovane tecnico viola è comprensibile, si è ritrovato con il recupero di Pepito Rossi tra le mani. Meno, molto meno comprensibili invece i continui attacchi dei dirigenti viola a Galliani e al Milan, interessato al talento serbo e incappato nel noto comandamento («non desiderare il giocatore di Della Valle»). A Firenze hanno fatto e disfatto: dapprima hanno dichiarato che per evitare un altro caso Montolivo (partito a costo zero), in caso di mancato rinnovo da parte del serbo, avrebbero messo l'attaccante sul mercato; quindi hanno sostenuto di non aver ricevuto alcuna offerta da via Turati, infine hanno bollato come «irricevibile» la proposta (8 milioni pagabili in 4 rate) spedita ufficialmente dall'avvocato Cantamessa durante la sessione estiva del mercato.
A questo punto hanno cominciato a far circolare una «polpetta avvelenata». E cioè che sarebbe stato possibile far iscrivere nella clausola rescissoria del contratto di Ljaijc un veto al trasferimento a Milanello, opzione vietata da regolamenti e leggi sportive che tutelano la libera circolazione dei tesserati. Peccato che qualche stagionato collega, con esperienza di mercato alle spalle, abbia ingoiato la polpetta senza le opportune verifiche. Adesso hanno cambiato ancora una volta, volteggiando abilmente, tesi. «Non daremo il nostro giocatore a chi si è comportato scorrettamente» ha dichiarato l'ad viola Mencucci. Forse è appena il caso di ricordare che dall'introduzione della firma contestuale è la volontà del tesserato ad avere prevalenza sulle decisioni del club.
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