Sport

Dea a fine corsa. L'inevitabile usura del metodo Gasp

L'analisi del Gasp, lunedì sera, dopo l'1 a 1 sorprendente con la Salernitana, ennesima occasione persa per risalire la corrente della classifica, è stata spietata

Dea a fine corsa. L'inevitabile usura del metodo Gasp

L'analisi del Gasp, lunedì sera, dopo l'1 a 1 sorprendente con la Salernitana, ennesima occasione persa per risalire la corrente della classifica, è stata spietata. «Squadra stanca, svuotata di spirito» ha dettato prima di ricordare i danni «collaterali» arrecati dalle ostili decisioni di arbitri e varisti. In tempi non sospetti, a Bergamo e dintorni, questa stessa squadra fu candidata persino allo scudetto. Oggi, a sei anni dall'inizio della grande cavalcata, è venuto forse il momento di mettere in fila la contabilità prima di passare dalla cassa e chiedere il conto finale. Bisogna riconoscerlo: l'Atalanta è stata per anni, oltre che la Cenerentola in Champions, una fantastica eccezione nel calcio continentale destinato dagli attuali schemi soltanto a sceicchi e promotori della Superlega. Per Pep Guardiola che non è un dispensatore di elogi, quella squadra è stata paragonata a «una seduta dal dentista», capace di procurare molta sofferenza. Dietro la definizione, c'era anche il riferimento al taglio moderno e coraggioso del suo calcio.

Sul piano finanziario, l'Atalanta ha fatto da battistrada a chi (come il Milan) si è avviato lungo il sentiero del calcio sostenibile: ha scoperto talenti, li ha valorizzati e rivenduti, realizzando ricche plusvalenze, non debiti come velenosamente ha sottolineato ancora il Gasp con riferimento a molte concorrenti, l'Inter tra queste. Nel frattempo qualcosa si è consumato. A cominciare dal rapporto con il ds Sartori, per passare a qualche ricambio non riuscito, l'addio precoce di Ilicic, la rottura traumatica con Papu Gomez oltre ai soliti guai (ko di Zapata, Hateboer). Qualche anno fa, un evento del genere si verificò a Milanello. Al quinto anno di Ancelotti, Costacurta denunciò pubblicamente una sorta di abitudine al lavoro, alle idee note, alle facce, sempre le stesse, insomma l'usura grave dettata dalla routine. Carlo diede un drizzone e riuscì a tagliare il traguardo della settima ad Atene prima di congedarsi all'ottavo anno tra abbracci e rimpianti sinceri. Accadrà anche al Gasp, probabilmente perché in questi casi ci sono solo due strade da seguire: si cambia l'allenatore oppure mezza squadra. E quindi..

.

Commenti