È la prima donna d'Italia perché più di tutte ha saputo sempre rinascere

Nessuna come lei nello sport azzurro

È la prima donna d'Italia perché più di tutte ha saputo sempre rinascere

Avremmo voluto essere l'acqua di Budapest presa a schiaffi da Federica Pellegrini che si è ripresa il mondo. Non siamo sicuri che, come diceva Churchill, tranne i grandi nessuno è completamente infelice. Lei ci sembrava davvero contenta e adesso si divertirà anche di più perché, come sempre, da quando fa cose straordinarie, gli altri, quelli che considerano un peccato divino il desiderio di grandezza, si mettono a litigare per scegliere l'atleta italiana più forte di sempre.
Federica la grande. Così come è stata grandissima la Calligaris che esplorò tanto tempo fa gli abissi mai concessi alle nuotatrici. Come Sara Simeoni, primatista del mondo e campionessa olimpica del salto in alto, nell'atletica, universale come il nuoto. Padrone di un mondo che in questi sport di base costruisce i suoi miti. Certo non si fa fatica oggi a dire che Fede resta al vertice della nostra piramide sportiva, sempre altissima, mentre altri restano pigmei anche se siedono su una montagna. Già, la montagna. Ne abbiamo avute di principesse sugli sci, quelli sottili delle fondiste, dalla Belmondo alla Di Centa, quelli per le discese ardite come Deborah Compagnoni. E cosa dire delle grandissime della scherma, dalla Camber alla Ragno, dalla Vezzali alla Trillini? Sono tutte campionesse, ma quello che ha fatto la Pellegrini, oscurando persino l'impresa di Gabriele Detti negli 800, gli ori della scherma a Lipsia, le consegnerà per sempre il titolo di principessa del popolo.
Ora la tormenteranno perché ha deciso di lasciare con l'oro al collo la gara dove ha fatto di tutto e di più, scendendo dall'inferno dei 400 stile libero, dove ha dominato, nel regno dei più veloci.
Saltare più in alto di ogni altra donna al mondo come fece la Simeoni, altra veneta che merita di portare la bandiera del nostro sport femminile, è stata una grande impresa, ma questa dea dell'acqua ha dovuto cercare dentro se stessa qualcosa che, in effetti, la rende la più grande di tutte. Ha cominciato bambina, stupendo il mondo, è rimasta grande anche quando volevano che si facesse più piccola, passando attraverso paludi che la rendono unica, perché quando ha perso Castagnetti, il suo mentore, quando ha cercato luce con altri allenatori, tormentandoli come tormentava se stessa, quando ha combattuto per vivere a suo modo la solitudine dei grandi, è sempre rimasta in piedi.
Certo che fa bene a lasciare i 200 stile libero.

Speriamo soltanto che resti nel grande nuoto e magari a Tokio, nella prossima Olimpiade, quella del 2020 da fare dopo i trent'anni, possa ancora insegnare qualcosa, stare nella squadra cercando di non farsi stregare dalla gioventù delle avversarie come è successo a Budapest.

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