Barcellona Catalogna terra di imprese. Luis Enrique si appella ancora una volta alla storia, al senso di appartenenza, all'identità del suo Barcellona. "Mes que un club", come un urlo di battaglia. Più di una squadra, più di una società. Pur nella semi disperazione, pur consapevole di avere di fronte a sé molto più che una montagna da scalare, pur conscio che la Juventus non è il Psg e che i suoi interpreti hanno molta più esperienza e spessore internazionale. Il tema è sempre lo stesso: rimontare, "remuntada historica", migliorare un record appena stabilito, scrivere nuove pagine di storia del calcio.
Spavaldo, sicuro e fiducioso, nella conferenza della vigilia il tecnico del Barcellona ha giocato tanto a provocare quanto a caricare l'ambiente blaugrana. Persino contro le statistiche, visto che il club bianconero non ha mai subito nella sua storia europea in coppa dei Campioni/Champions League una rimonta da tre gol di vantaggio. «Dovremo essere bravi a far saltare lo stadio. Si tratta di mettere in mostra le nostre virtù oscurando le loro, che purtroppo per noi sono tante. Loro giocano benissimo con e senza palla e sanno fare le due fasi come pochi. Difensivamente sono preparatissimi. Di positivo c'è che ci bastano tre gol rispetto ai quattro o sei che ci occorrevano col Paris Saint Germain. Non eravamo abituati a rimontare, ma l'abbiamo già fatto e questo ci aiuta anche mentalmente. Magari uno lo prendiamo, ma siamo in grado di farne cinque. E 5-1 è un risultato che ci qualifica».
Forza e coscienza. Ardore e speranza. Come tutta la città, Luis Enrique crede al miracolo. Lui che allo Stadium contro la Juve ha subito 10 gol in tre partite con Roma e Barcellona, non segnandone nemmeno uno. Talmente concentrato da lanciare un appello ai suoi tifosi: «A quelli che col Psg se ne sono andati all'80' dico di non fare lo stesso con la Juve: si può vivere un'altra notte storica. Il Barcellona può fare tre gol in tre minuti. Di certo gli avversari ci fanno ultimamente gol con troppa facilità e su questo dobbiamo migliorare, portando anche una pressione migliore sulla palla. Di una cosa sono certo: se facciamo il primo, il secondo lo fa il Camp Nou e il terzo arriva di sicuro». Il richiamo agli oltre 90 mila di uno degli stadi più "calienti" d'Europa viene spontaneo. La città di Barcellona è carica e pronta a sostenere i suoi beniamini. In ogni angolo del capoluogo catalano non si parla d'altro. L'addio, così prematuro, alla Champions League non è contemplato. «Partiremo attaccando, da subito, senza sosta», ha chiosato il tecnico dei catalani. "Podemos" ha tuonato la stampa spagnola.
Molto più che uno slogan politico. Molto più che il grido di un'intera città. Parliamo di identità culturale, prima che sportiva. «Possiamo farcela, dobbiamo farcela». La Juventus è avvisata, il Barcellona non ha ancora abdicato.
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