Lucia Galli
Né latino né ladino. Nemo propheta in patria: per Peter Fill il messaggio è chiaro così com'è. Lui sulla Saslong, «a 15 minuti da casa mia», è cresciuto a curve e pali, ma non sempre è andato veloce come voleva. La coppa del Mondo di sci alpino riparte da lì, dalla val Gardena del legno intagliato e dei paesaggi da fiaba. Oggi superg, domani discesa (dirette tv alle 12.15, combinata femminile a Val D'Isere discesa 10.30 e slalom alle 14) diranno se, nel circo bianco, esistono eccezioni alla regola, magari per chi come Peter, quest'anno, in dote porta una coppa pesante, quella di miglior discesista dell'anno. Lui, primo italiano a vincere la coppa specialità jet, proverà a sfatare un mito e a proseguire una stagione iniziata, già due settimane fa, sul podio di val D'Isère col secondo posto in discesa e con una top ten anche in superg. In Val Gardena nelle prove, dov'è tornato anche il colore verde a segnare i salti che però non lo fa impazzire, Fill ha fatto registrare il terzo e l'undicesimo tempo. Lui ama definirsi come il gulasch, «uno scarto di grande qualità», ironizza sempre, ricordando i suoi alti e bassi. Dopo 2 medaglie iridate, 13 podi e 2 vittorie, a 34 anni, il carabiniere di Castelrotto non crede più alle fiabe. Semmai le racconta ai suoi due bimbi: Leon e Noah.
I tuoi bimbi saranno al traguardo ad aspettarti?
«Sì, verranno entrambi con Manuela, ma ci sarà anche tutto il mio fan club, siamo così vicini all'Alpe di Siusi».
Servono rinforzi per provare a domare la Saslong? Anche un altro figlio celebre di queste valli, Peter Runggaldier, non ha mai vinto qui
«I numeri non sono dalla nostra. Il tracciato pare meno congeniale a noi italiani e più ai norvegesi che qui vanno sempre fortissimo: però io l'anno scorso quel quarto posto non me lo scordo. Ho visto un po' di luce. Magari la ruota è girata: so di poter essere veloce anche li, cercherò di dare il massimo».
Come si fa a farla girare? Perché il sassolungo è così ostico per noi?
«La Saslong è una pista molto difficile dove devi fare tutto bene. Per esempio, se non prendi buona velocità dall'inizio con le prime due curve e non hai un buon lancio nel piano, lo sai già: non hai praticamente più chance».
Sochers, Gobbe del cammello, Ciaslat: passaggi leggendari della coppa del Mondo.
«Si, cresci con questi nomi nella testa. Poi quando li affronti in velocità capisci perché: dopo il muro di Sochers, sulle gobbe, oggi serve molto coraggio e occorre stare chiusi e raccolti per tenere alta la velocità. Ai Ciaslat puoi buttare via la gara fra le sue onde, dove è facile sbagliare e praticamente impossibile correggersi. Se sai di aver fatto bene, provi a difenderti. Altrimenti, ciao! In fondo? Vince chi ha stretto di più i denti».
Ma tu sei pronto per vincere una nuova coppa?
«Prendo sempre il buono che arriva. Ma direi che in questo momento l'obiettivo non è vincere un'altra coppa. Sicuramente cercherò di difenderla, facendo buone gare, magari con qualche altra vittoria nelle classiche che mi mancano».
Pensi già ai Mondiali in Svizzera a febbraio, o le due medaglie iridate ti bastano?
«A Sankt Moritz alle finali dello scorso anno sono rimasto nella top ten. Vedremo. Intanto, vado fiero delle mie due medaglie, ma nella casa nuova ho ancora molto spazio per i trofei. Le mie due medaglie sono molto diverse fra loro. A Val D'Isere 2009, argento in superg, ho centrato un risultato su una pista difficile e ghiacciata, cosa che non mi era mai riuscita prima. A Gap 2011, quel bronzo in combinata con mio padre malato e io che pensavo al ritiro, ha un sapore particolare».
Allora c'è posto per sognare ancora: continuerai fino alle Olimpiadi o vuoi fare il papà a tempo pieno?
«La pista delle prossime Olimpiadi in Corea del Sud è bella, non difficilissima: occorre trovare il ritmo giusto e leggere bene i dossi. Lo scorso anno ho sfiorato il podio sia in discesa sia in superg. Io ci provo e andrei anche oltre il 2018».
Allora è più dura fare il papà che lo sciatore?
«Certamente! Al netto delle cadute, è più difficile fare il papà. Sulla neve se sbagli, ti accorgi. Con i figli non sai mai se hai fatto la cosa giusta».
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