Madrid come Londra, cinque anni dopo. Mourinho rischia di non concludere una stagione davvero poco Real. Il ritardo dalla vetta della Liga è di 13 punti, il Barcellona si sente un po' più di campione d'inverno, persino gli odiati cugini dell'Atletico li guardano dall'alto in basso. Nonostante le dichiarazioni di facciata («noi sacrifichiamo tutto per vincere la Champions League»), i tifosi, prima ancora di Florentino Perez, si sono stancati dello Special One. Un segnale inequivocabile è arrivato sabato sera, poco prima del pareggio (2 a 2) contro l'Espanyol. Lo speaker del Bernabeu ha volutamente omesso il nome del portoghese dopo aver annunciato al microfono la formazione ufficiale. Non era mai accaduto in passato, neppure con altri allenatori merengues. Per la cronaca la partita è stata opaca e i detrattori sostengono che le scelte di Mourinho (esclusione di Di Maria e sorprendente promozione di Callejon) abbiano segnato le sorti dell'incontro.
Insomma il ribaltone sarebbe dietro l'angolo, come accadde nel settembre del 2007, quando Abramovich lo destituì per far posto all'israeliano Grant. Gli ultras chiedono la testa del tecnico, lui ribatte «non ho mai lavorato in un club con una tifoseria con meno cultura calcistica come questa, nemmeno all'Uniao Leiria», mentre Perez sta davvero valutando i pro e i contro di una soluzione interna.
La squadra verrebbe affidata a Zinedine Zidane, nelle vesti di traghettatore, fino a giugno. Al suo fianco lavorerebbe Aitor Karanka, allenatore con tanto di patentino e profondo conoscitore dello spogliatoio merengues.
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