Nuoto, 23 cinesi positivi prima di Tokyo 2021. La Wada: "Tutto regolare". E minaccia querele

Pechino prese molte medaglie, anche nella staffetta in cui l'Italia con Fede finì 4ª

Nuoto, 23 cinesi positivi prima di Tokyo 2021. La Wada: "Tutto regolare". E minaccia querele
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La Cina è di nuovo nella bufera doping e gli Usa adesso si ribellano. Un'inchiesta anticipata dal New York Times e dal canale tedesco Ard, scuote lo sport olimpico a meno di cento giorni dall'inizio dei Giochi. I due media hanno rivelato ieri che 23 nuotatori cinesi erano risultati positivi a una sostanza vietata - la trimetazidina, un farmaco per il cuore - prima dell'Olimpiade di Tokyo. Ben 13 di loro, poi, hanno preso parte ai Giochi senza però aver subito alcuna sanzione. All'epoca, l'Agenzia Mondiale Antidoping (Wada), in accordo con World Aquatics, decise di non agire a causa della «mancanza di prove credibili» dopo aver «consultato scienziati e consulenti legali esterni» concordando sulla versione cinese degli eventi: ovvero che per tutti e 23 gli atleti c'era stata una contaminazione alimentare. Versione ribadita con durezza ieri dalla Wada che, a fronte del polverone suscitato dall'articolo del New York Times, è intervenuta con un comunicato in cui ha smentito le accuse di mancanza di trasparenza e, anzi, ha minacciato azioni legali.

Fra i nomi dei nuotatori coinvolti ci sono dei campioni olimpici come la Zhang Yufei, oro sia nei 200 farfalla sia nella 4x200 stile, e come Wang Shun, oro nei 200 misti. Dal Giappone, la spedizione del Dragone (che aveva già perso per 4 anni il suo fuoriclasse Sun Yang positivo allo stesso farmaco) ha portato a casa sei medaglie. Risultati che però potrebbero subire variazioni come per esempio la 4x200 sl donne che ha visto la Cina finire davanti agli Usa, pronti a fare ricorso. Tutto questo mentre è già cominciata la sfida a chi vincerà il medagliere di Parigi tra Usa e Cina. In chiave azzurra, c'è poi quell'argento della Cina nella 4x100 mista uomini-donne con l'Italia della Pellegrini arrivata quarta. La beffa, oltre al danno. «Dopo aver letto le spiegazioni della Cina e le motivazioni della Wada, vado a mangiare un po' di cibo contaminato da trimetazidina. Ma qualcuno vuole tutelare seriamente questo sport?», ha rincarato la dose il dt della velocità Claudio Rossetto. «Abbiamo concluso che non c'erano basi concrete per contestare la presunta contaminazione», ha spiegato Olivier Rabin, direttore senior Wada, mentre World Aquatics ha confermato che i casi sono stati esaminati. L'Agenzia antidoping degli Stati Uniti però non ci sta e ha affermato che i 23 nuotatori avrebbero dovuto essere sospesi e identificati pubblicamente, definendo la mancanza di azione della Wada «una pugnalata devastante alle spalle degli atleti puliti». L'ad dell'agenzia antidoping americana Travis T. Tygart ha affermato di aver fornito alla Wada prove di doping nel nuoto cinese più volte dal 2020.

Nel silenzio dell'agenzia antidoping e dalla federazione cinese. Certo che ripensando al caso Schwazer, forse sarebbe stata necessaria da parte di Wada uguale elasticità nel trattare la vicenda dopo le prove portate dalla difesa del marciatore.

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