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L'Italia nell'insalatiera

Pietrangeli-Sinner: gioco di sguardi dopo le critiche. Pasticcio sull'incontro tra gli azzurri e Mattarella. Il presidente Binaghi punge ancora Malagò, ma dietro i fenomeni due baby alle Next Gen dove iniziò Jannik

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Ovviamente è Sinnerlandia. Tutto ruota intorno a lui, l'eroe che ha riportato la Davis in Italia trascinando i compagni. Il Paese è nell'insalatiera, si parla di questo dappertutto - dai bar all'angolo alle conferenze calcistiche - e «Sinner» è ora un sinonimo per qualsiasi impresa.

La coppa ieri è sbarcata a Fiumicino nelle mani di Filippo Volandri: «Siamo stanchi ma orgogliosi. Abbiamo scritto un pezzo di storia del tennis italiano». Poi, dentro a questo circo mediatico irrefrenabile, c'è come sempre una macedonia di piccoli pezzi che non si sono del tutto ricongiunti. Sull'aereo è stata fatta la pace da Jannik e Nicola Pietrangeli, che il ragazzo aveva fulminato con lo sguardo quando il vecchio Nick si è issato col suo bastone sul podio per toccare il trofeo 47 anni dopo. Una ruggine, tutta rossa, che deriva dalla rinuncia al turno di qualificazione di Bologna dopo gli UsOpen, mancanza che Pietrangeli aveva commentato con la richiesta di squalifica: «Vincerà tanto, ma mai come me. E prima deve imparare a rispettare la maglia azzurra». Jannik ha preso nota e non ha dimenticato, ma alla fine il ct del trionfo del 1976 ha rimesso i cocci a posto: «Non è più un ragazzo, ora è un uomo. E ormai non lo si guarda giocare, lo si sente come fosse una musica». Pace fatta, dunque, la stessa che invece non si può ancora (ma quando?) dire tra il presidente federale Binaghi e il numero uno del Coni Malagò, con il primo che ha accusato in tv il capo dello sport di «mancanza di stile» per i complimenti mancati, e il secondo che si è poi affrettato a inviarli via social. La sfida continuerà, ma pazienza: l'insalata dello sport italiano è così, e poi capita che perfino il presidente della Repubblica venga spiazzato. Aveva invitato la squadra al Quirinale il 21 dicembre, ma i giocatori hanno fatto gentilmente sapere che quello è l'unico periodo dell'anno in cui sono in vacanza all'estero, in realtà per prepararsi alla nuova stagione. Tutto risolto però: Mattarella ha replicato con un «venite quando potete», e Binaghi ha annunciato che «ci vedremo dopo gli Australian Open e insieme alle ragazze arrivate seconde alla Billie Jane King Cup. Ovviamente sperando che sia più in là possibile».

Perché si pensa già al futuro e si pensa in grande: ormai la distanza tra Jannik e uno Slam è davvero ridotta, e Melbourne potrebbe essere il momento dell'aggancio. Tanto che ieri il giro di celebrazioni, nazionale e internazionale, è stato inesorabile. Tipo Marco Tronchetti Provera: «Sinner mi ricorda Schumacher»; Paolo Bertolucci: «Ora possiamo aprire un ciclo»; Tonino Zugarelli: «Jannik vale già il numero 1»; il Times: «Attenti Alcaraz e Djokovic...»: l'Equipe: «È sensazionale». E così via, il tutto condito dal fatto che l'Italia sale anche al numero uno del ranking mondiale a squadre, una consacrazione: abbiamo un fenomeno, una squadra, una famiglia e anche due giocatori - Cobolli e Nardi - che da oggi sono in campo a Jeddah tra gli otto delle Finals delle Next Gen. Lì dove Sinner aveva cominciato il suo cammino.

Che festa, insomma, «ed è solo l'inizio» dice Binaghi. E per capire cosa ci aspetta, c'è la chiosa di Adriano Panatta: «Sarà Jannik a far capire a Djokovic quando arriverà il momento di smettere».

Amen.

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