Quelle ricette del Dottore a noi e al Dovi

di Benny Casadei Lucchi

Q uante lezioni dal Vale Rossi in questi giorni. La prima: provare ad esserci nonostante due ossa rotte e un lungo chiodo a tenerle assieme. La seconda: esserci per davvero. La terza: una volta partito e una volta arrivato, non parlare quasi più di quelle due ossa rotte e del chiodo. È successo ieri, dopo l'impresa e il quinto posto. È successo quando ha parlato del dolore e delle ferite costretto, più che da un reale bisogno, dalla curiosità di noi media e di voi tifosi. Ma se fosse stato per lui, avrebbe proseguito nella propria tormentata analisi tecnica alla ricerca dei perché di quel quinto posto e della gomma che si deteriora e dell'elettronica non al livello delle Honda.

La quarta lezione del Dottore, la più importante per noi gente comune, è questa: che una volta preso il toro per le corna, una volta domato il dolore, il professionista che ama il proprio lavoro non si crogiola più al pensiero dell'impresa appena compiuta ma guarda già avanti.

Come se per Vale, vedendo Marquez vincere e però sbagliare spesso, e osservando Dovizioso correre in difesa, l'idea di rimanere in lotta per il mondiale non sia adesso più un'eresia ma un sogno da cullare nonostante la logica dell'aritmetica. E Rossi si è preso dei rischi per tenerlo vivo. Adesso è chiaro. Quei rischi che il Dovi sta invece sfuggendo. Quasi fosse preda delle vertigini per una classifica troppo alta. Anche questa è una lezione.

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