È un raduno degno dell'ultimo Milan tricolore: la forma ridotta al minimo sindacale, la sostanza esaltata al massimo. Responsabilità diretta della prima convocazione con numerosi giovanotti della primavera e pochi titolari, un solo volto inedito, il francese Adli («molto interessante» il primo giudizio di Pioli) e qualche gradito ritorno, Pobega («ci servirà la sua fisicità») e un paio di collaudati veterani (Kjaer e Rebic). Il vero raduno del Milan è fissato per il 14 luglio con lo sbarco dei titolarissimi e - questa la promessa fatta da Maldini a Pioli - la rosa completata dai nuovi acquisti (tra 4 e 5 secondo le previsioni). Poco più di tremila i tifosi arrivati in processione tra canti e striscioni e quell'incontro dopo pranzo davanti ai cancelli di Milanello durante il quale Maldini promette d'inseguire «la seconda stella» che è poi l'eccitazione maggiore per la curva sud. Da segnalare la gaffe dello sponsor Puma autore della pubblicazione, a pochi minuti dell'adunata rossonera, della foto di Giroud con la nuova maglia davanti alle sagome del Duomo ma senza il famoso triangolino tricolore, lo scudetto insomma, così da provocare una sorta di psico-dramma collettivo poi superato con la presentazione ufficiale della maglia completa di scudetto durante l'intervista di Pioli.
Le parole, spese dai diversi personaggi, nelle ore del primo giorno, hanno il senso di raccontare una preziosa sintonia. Fu l'autentico segreto della conquista del 22 maggio. Paolo Maldini per esempio comincia così: «Dimentichiamo le feste, non dimentichiamo come siamo arrivati al successo». Ricky Massara aggiunge: «Siamo tornati alla storia del club, adesso bisogna far bene anche in Champions». La sintesi perfetta è nell'intervento di Ivan Gazidis: «Grazie all'unità e alla spinta dei tifosi siamo arrivati allo scudetto». Ma le parole sono un conto, altro sono invece i gesti, gli sguardi. Così è possibile cogliere il gelo umano tra Gazidis e Maldini dopo le perfide stoccate ricevute dall'intervista di fine maggio, mentre tutto il resto della compagnia si stringe intorno all'uomo-simbolo di questo nuovo Milan atteso alla ripartenza tra difficoltà taciute ed evidenti sul mercato ancora da scolpire. Si tratta di Stefano Pioli che davanti ai tifosi sogna di «ricreare la stessa magia della passata stagione» e poi davanti ai taccuini e i microfoni disegna uno scenario molto realistico e perciò anche questo tutto arrosto e niente fumo. Un esempio? Eccolo: «Fa piacere che quest'anno ci diano terzi come pronostico, l'anno scorso eravamo 5 o 6», prima di spiegare quale sarà la durissima realtà: «Dal primo giorno diventeremo la squadra da battere». Perciò niente graduatorie interne ma «22 titolarissimi» perché «dal 13 agosto al 13 novembre in 3 mesi giocheremo 21 partite e avremo bisogno di tutti».
Un saluto a Kessie e Romagnoli, un arrivederci a Ibra (presto il nuovo contratto), il ruolo di futura sorpresa riservato a Bennacer, la certezza «di recuperare il tempo perso con Inter e Juve» e dei «margini di miglioramento» del gruppo («specie Leao»), prima di spalancare le porte a «chi è dotato di qualità» e cioè Ziyech, Dybala («pur diversi»), e nel cassetto l'opzione di passare alla difesa a tre («con Kjaer recuperato naturalmente»).
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